da Casa delle donne Parma, Art lab e Collettivo la Rage
E il veleno è arrivato anche nella nostra città, come in tante altre d’Italia dove già era stata rimosso. Un veleno che è discriminazione e attacco violento e subdolo all’autodeterminazione delle donne. Un cartellone che raffigura una moderna Biancaneve sdraiata per terra dopo aver morso la mela e ingurgitato il veleno contenuto non all’interno del frutto proibito, ma della pillola abortiva. Morta per essersi rifiutata di portare a termine una gravidanza indesiderata, non voluta, non scelta. Morta per non essersi piegata ad un destino scelto da altri per lei o per non essersi conformata ad un’idea di femminilità che ci vuole tutte madri e mogli, obbedienti e vergini.
Morta di pregiudizio e di patriarcato, quello che pensavamo non ci fosse più e che invece torna con prepotenza e violenza in campagne pubblicitarie che si ispirano all’amore per la vita e seminano odio e immagini di morte. Morta di obiezione e di indifferenza di quanti e quante hanno visto quell’immagine e non ci hanno dato peso o semplicemente hanno alzato spalle come se il problema non fosse anche il loro. Morta di parole e comunicazione tossica, capace solo di spargere falsità, utilizzando i nostri corpi e i nostri uteri come fossero campi di battaglia o sacchi da riempire.
Ma li avete guardati bene i manifesti di Pro Vita che sono stati affissi in città?
In essi ritorna l’immagine della mela che riporta alla grande peccatrice Eva, colpevole di tutti i mali del mondo. Eva che, tentata dal demonio, ha “osato” disobbedire nell’audacia di poter scegliere ciò che le sembrava essere il meglio per sé stessa. Riporta a Biancaneve, l’eterna bambina incapace di difendersi dal mondo, che morde la mela per ingenuità per poi lasciarsi salvare da un principe azzurro capace di tutto. Persino di ridarle la vita che lei, invece, si rifiuta di portare a termine.
Donne mortifere contro donne generatrici. Sotto accusa ora non è solo la legge 194, ma la pillola abortiva RU486, condannata perché più facile da utilizzare e perché maggiormente rafforza la nostra autodeterminazione. Sotto accusa ci siamo tutt* noi, il nostro diritto di scegliere, di vivere la nostra sessualità, la nostra vita, i nostri desideri.
Rifiutiamo la presenza di questo cartellone nella nostra città che vogliamo libera, transfemminista e capace di condannare una campagna pubblicitaria oscena che nega il diritto all’autodeterminazione e alla scelta e per questo chiediamo che venga immediatamente rimosso. Le donne liberano le strade che attraversano e in quelle strade non ci dovrebbe essere mai posto per messaggi simili.