di Potere al Popolo Parma
Durante il picco della pandemia abbiamo dato vita al nostro Supporto Popolare, con cui abbiamo organizzato l’acquisto e la consegna di generi di prima necessità a famiglie in difficoltà economica. E nel farlo, siamo stati attenti alla scelta dei prodotti alimentari, privilegiando le filiere corte e produzioni locali. Da aprile, con i fondi raccolti tramite l’iniziativa, abbiamo consegnato circa 150 cassette. Un piccolo risultato, certo: abbiamo aiutato diverse persone in una situazione difficile, ma questo non può rappresentare una risposta.
Chi ha ricevuto i nostri pacchi alimentari è stato costretto da circostanze che hanno una precisa origine sociale e per questo la soluzione non si può cercare individualmente: dobbiamo fare in modo che le difficoltà economiche che viviamo diventino istanze politiche. Non c’è colpa e non c’è vergogna nell’esprimere un bisogno. Colpa e vergogna dovrebbero sentirle le istituzioni malate che servono gli interessi della finanza e del capitale. Nonostante gli annunci governativi sulle spese e i bonus, un numero troppo alto di persone si è trovato sommerso dalla crisi sociale, oltre a essere maggiormente esposto a quella sanitaria.
Parlando con queste famiglie, al di là delle singole storie emergono due problemi in particolare. Il primo è sicuramente quello della casa, infatti gran parte dei sussidi vengono letteralmente divorati dagli affitti. Il secondo è quello di servizi sociali non all’altezza dei compiti richiesti. Le assistenti sociali sono poche e cambiano troppo spesso: è il risultato di oltre vent’anni di tagli a quei servizi che sono fondamentali per chi si trova anche solo temporaneamente in difficoltà.
Per realizzare il Supporto Popolare per come lo intendiamo, quindi, abbiamo deciso di trasformare le storie individuali in questioni politiche, perché i loro casi non sono eccezioni. Basta guardare i numerosi dati sull’aumento delle disuguaglianze sociali: siamo di fronte a un fenomeno diffuso, che colpisce una fetta importante della nostra città, ma che non vediamo perché i riflettori sono puntati su qualcosa di più “digeribile”.
E allora scendiamo in strada insieme per chiedere attenzione a quanto sta succedendo, perché per affrontare un problema bisogna prima di tutto esserne consapevoli. Mentre la politica ufficiale si perde dietro a selfie, tweet, annunci e gossip, noi dobbiamo provare ad aiutarci e cercare insieme soluzioni. Non basterà un’uscita in piazza, non ne basteranno due e nemmeno dieci: i “miracoli” e le promesse facili li lasciamo ai professionisti dei talk show. Ma se ci organizziamo per trovare una risposta collettiva ai nostri problemi individuali, diventiamo più forti e cominciamo già a cambiare le nostre vite. Questo per noi è lo spirito del mutualismo.
Giovedì 9 Luglio, alle 18 ci troveremo in piazza Garibaldi per fare sentire la nostra voce e, insieme a noi ci sarà la Rete Diritti in Casa, che da anni si batte proprio per il diritto all’abitare, uno dei diritti fondamentali che tutti abbiamo in quanto persone. E questo è la prima delle tre rivendicazioni che porteremo in piazza:
– La casa non è una merce qualsiasi che compra chi se lo può permettere: senza una casa non c’è cittadinanza vera. Per questo chiediamo una vera politica pubblica dell’abitare, a cominciare da enti come Acer, che dovrebbero investire in case popolari, ristrutturando l’esistente e costruendone di nuove. Invece, gli investimenti continuano ad andare in progetti di housing sociale, una piccola pezza buona solo per qualche annuncio elettorale che non disturbi i palazzinari. Senza erodere i profitti proprio dei palazzinari è impossibile risolvere questo problema. Perché non cominciare a tassare gli immobili sfitti, per trovare quei soldi che per le case non ci sono mai?
– I servizi sociali sono l’unica vera grande opera utile da finanziare. Tutte le amministrazioni pubbliche dovrebbero dedicare molte più risorse ai servizi sociali, a cominciare col potenziare le assistenti sociali. Non solo il loro numero è bassissimo, ma spesso sono costrette a cambiare lavoro per le condizioni di difficoltà estrema in cui si trovano. Per non parlare delle scarse possibilità che hanno di dare risposte, perché i comuni, nonostante bisogni crescenti dovuti a una crisi che dura da oltre 10 anni, hanno gradualmente ridotto risorse, privatizzato ed esternalizzato servizi con l’unico intento di risparmiare.
– Infine, in questo periodo di crisi che minaccia di diventare una delle recessioni economiche più gravi mai accadute, è necessario allargare i criteri per l’accesso alle misure di sostegno verso chi sarà più colpito e rischia di trovarsi senza forme di sostentamento: bonus come quello per l’affitto e il reddito d’emergenza devono rivolgersi a una platea che abbracci tutte le fasce popolari. Che non siano queste a pagare sulla loro pelle scelte politiche ed economiche disastrose che privilegiano i soliti noti.
Oggi siamo qui per ricordare a tutte le istituzioni che sulla nostra vita non si risparmia!
Potere al popolo!