da USB Confederazione di Parma
La stucchevole retorica che chiede agli operatori sanitari di operare in mancanza di dispositivi di protezione e prevenzione a qualsiasi costo e in qualsiasi condizione, perché c’è da fronteggiare l’emergenza, va rigettata! Quest’appello fatto di richiami all’etica professionale, al senso di responsabilità, alla necessità di lavorare senza orari, ecc. fatto dai dirigenti delle AOSP e AUSL alle lavoratrici e lavoratori è un comportamento mistificatorio intollerabile.
Questi dirigenti volutamente omettono di considerare che gli operatori hanno il diritto di lavorare in condizioni di sicurezza a garanzia della loro salute, ma non solo, in maniera irresponsabile mettono in pericolo di contagio i figli, i genitori anziani, ecc. delle lavoratrici e lavoratori.
Il presidente della regione Emilia Romagna Bonaccini ha dichiarato pubblicamente che avrebbero effettuato in maniera generalizzata i tamponi a tutto il personale, poi che si sarebbe fatta la loro calendarizzazione, ma in realtà non si sta facendo nulla di tutto ciò. Anzi, mancano tutt’ora i tamponi e i dispositivi di sicurezza previsti (mascherine FFP2 e FFP3, ecc.) per tutti gli operatori sanitari.
La distanziazione di un metro è un parametro generale che non ha valore nel caso dell’esercizio della professione sanitarie, dove il contatto è un elemento inevitabile. Per questo tutti devono avere i dispositivi di protezione previsti.
L’adozione di misure di prevenzione sono un obbligo a carico del datore di lavoro ai sensi del D.lgs. 81/2008. Il diritto di resistenza è consentito nel caso in cui (vedi Cass. sez. lav., 7-11-2005, n.21479) “si configuri quale eccezione di inadempimento, trovando giustificazione nella mancata adozione da parte del datore di lavoro delle misure di sicurezza di cui all’art. 2087 C.C.[…]”.
La normativa prevenzionistica “avente natura pubblicistica, in quanto deputata alla tutela di beni socialmente rilevanti, ha un’efficacia addirittura prevalente sull’autonomia negoziale dei contraenti” (artt. 1460 e 2087 C.C.). Pertanto dalla normativa esistente si evince il diritto a tutelare la propria salute come elemento prioritario. Quindi, dove mancano le condizioni di sicurezza, USB ritiene che la lavoratrice e il lavoratore abbiano il diritto ad “incrociare le braccia”.
Questa non è una rivendicazione solo di carattere personale, ma un elemento indispensabile per prevenire il contagio.