Non accettiamo una narrazione tossica della violenza!

la Redazione

Dopo il comunicato di ieri, la Casa delle Donne lancia una campagna di pressione sul direttore e sulla redazione della “Gazzetta di Parma”. Sul profilo facebook dell’associazione si invitano le lettrici e i lettori a scrivere al quotidiano email che criticano l’articolo di Roberto Longoni sul processo a Federico Pesci uscito due giorni fa, dove la descrizione della vittima (donna) è totalmente appiattita sulla linea del collegio difensivo dei carnefici (uomini).

Di seguito il post della Casa delle donne [ndr]. 

Dalle 18.00 alle 24.00 di oggi 24 febbraio fatti sentire e denuncia la narrazione tossica e violenta apparsa sulle pagine della Gazzetta di Parma rispetto al processo per il caso Pesci. Ecco le indicazioni. Scrivi una mail a: crinaldi@gazzettadiparma.net, rlongoni@gazzettadiparma.net e cronacacitta@gazzettadiparma.net, con questo testo:

“All’attenzione del direttore della Gazzetta di Parma e della redazione, come donne, cittadine e persone non riteniamo più accettabile una cronaca complice e violenta come quella apparsa sabato 22 febbraio sul vostro quotidiano nell’articolo firmato da Roberto Longoni dal titolo Difesa, testimoniano due psichiatri: “ragazza fragile”. In quelle righe non c’è solo la volontà di dare la notizia, ma c’è la scelta di raccontare il processo adottando lo schema studiato e pensato dalla difesa di Federico Pesci. C’è un racconto che non tiene mai in considerazione la dignità della ragazza, ridotta unicamente alla sua ipersessualità, e un uso delle parole che è già una sentenza. Con quei termini il giornalista ha scelto di assumere un punto di vista maschilista, violento e stereotipato e di dargli spazio e valore.

Quell’articolo è violenza. Violenza di un’indagine che fruga senza alcun rispetto nei particolari di una vita che porta con sé tanto, troppo dolore, troppa sofferenza. Violenza nella scelta di non tutelare minimamente la ragazza che, fin da subito, aveva chiesto di non essere data in pasto alla stampa. Prendiamo parola per lei e al suo fianco. La sua fragilità non deve essere ritenuta e presentata come un’attenuante per l’accusato ma considerata un’aggravante per colui che le ha inferto dolore fisico costatole 45 giorni di prognosi.

Non accettiamo più il ribaltamento da vittima a imputata, che già avviene nelle aule di tribunale, ai processi per violenza sessuale e dilaga sulla stampa. Esigiamo che episodi e processi di questo tipo siano narrati sui media con un linguaggio adeguato, rispettoso della realtà e della privacy della vittima. Non tolleriamo più che si aggiunga violenza ad altra violenza.

Nome e Cognome”