di Giovanni Caggiati
A Parma, lunedì 10 febbraio si terrà la quindicesima edizione della manifestazione antifascista “Foibe e fascismo”, alternativa alla celebrazione del “Giorno del ricordo delle vittime delle foibe”. Interverranno gli storici Sandi Volk, sulla questione dell’esodo giuliano-dalmata, e Spartaco Capogreco, massimo esperto dei prigionieri militari e civili dell’Italia fascista – a Parma nel carcere di San Francesco negli anni ‘42, ‘43 furono detenuti politici otre 800 jugoslavi antifascisti – sul tema “L’Italia fascista e il “pericolo slavo”, sarà proiettato un video sulle foibe del ‘43 e del ‘45 che, tra l’altro, ribadisce con ufficiali documenti Usa che a Basovizza, sacrario nazionale, in realtà le ricerche appositamente effettuate dopo la fine della guerra non hanno portato al rinvenimento di alcun italiano ucciso dagli jugoslavi.
Se Basovizza è un falso storico, ciò non significa che non sia esistita la vicenda delle foibe del ‘43 (cosiddette “istriane”) e delle foibe del ‘45 (cosiddette “giuliane”). Ma bisogna considerare le dimensioni del fenomeno, considerare le circostanze storiche precise in cui si è verificato e le sue cause, valutare il senso del ricordo a seconda del modo in cui viene fatto, se in termini storiografici e completi o in termini celebrativi di solennità civile nazionale qual è il “Giorno del ricordo” del 10 febbraio, istituito con la legge 92 del 2004.
Le dimensioni sono certo inferiori a quelle che spaccia la propaganda fascista o filofascista, i morti sono dell’ordine delle centinaia, al più di qualche migliaio: ad oggi, inizio febbraio 2020, quelli riconosciuti ufficialmente secondo la legge 92 sono in tutto 381. I fatti si sono verificati in seguito all’aggressione e occupazione della Jugoslavia da parte dell’Italia fascista, la Jugoslavia non avendo fatto alcun male all’Italia. I fatti sono, in definitiva, una per quanto tragica conseguenza della sopraffazione e della violenza fascista, già iniziata con l’azione delle squadracce contro la “razza slava” in territori al confine nordorientale acquisiti dall’Italia con la prima guerra mondiale, poi continuata nel corso del ventennio in quei territori con la loro italianizzazione forzata, infine culminata nella guerra d’aggressione alla Jugoslavia intrapresa nel ‘41 al fianco della Germania nazista. Per i crimini compiuti dall’esercito italiano, che occupò diverse parti della Jugoslavia, secondo la Commissione per i crimini di guerra delle Nazioni Unite, esistono 700 e oltre criminali di guerra italiani, a cominciare dai generali fascisti Roatta, Robotti e Biroli. Nessuno di questi criminali di guerra è stato mai giudicato, processato, condannato, com’è stato per i criminali nazisti a Norimberga, e/o consegnato alle autorità jugoslave che ne avevano fatto richiesta.
Soprattutto, è inaccettabile, non ne esistono le condizioni, l’istituzione di una giornata di solennità civile nazionale in Italia dal 2005, appunto il “Giorno del ricordo”, il 10 febbraio di ogni anno. Col Giorno del ricordo, infatti, vengono date onorificenze e medaglie della Repubblica nata dalla Resistenza a esponenti e militari dell’Italia fascista, in buona parte. Si rovescia così la realtà storica: delineando il fascismo come vittima e la Resistenza jugoslava come carnefice, si rinfocolano conflitti e nazionalismi fra popoli diversi confinanti fra loro o abitanti nelle stesse terre.
Viene da chiedersi perché si dia il “Giorno del ricordo delle vittime delle foibe” e non, piuttosto, il giorno del ricordo di altre vittime ben più numerose e innocenti. Quali i morti civili jugoslavi per mano del fascismo, i morti civili delle stragi nazifasciste in Italia, e i morti, sempre civili, dei bombardamenti angloamericani in Italia.
L’Anpi (l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) nell’aprile 2015 ha preso una posizione contro la legge 92 e chiesto alla Presidenza del Consiglio di sospenderne l’applicazione. È bene sostenere questa richiesta e portarla avanti.