da Rete diritti in casa
Come Rete Diritti in Casa, sabato 26 ottobre abbiamo deciso di effettuare un presidio sotto il carcere di Parma per ricordare Egidio Tiraborrelli, da anni attivo nelle lotte cittadine per la casa al nostro fianco. Non è normale morire a 82 anni in regime di carcerazione (la morte è avvenuta in ospedale, ma Egidio era ancora a tutti gli effetti detenuto) seppur malato grave con diverse patologie. Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che ne ha causato la reclusione, è considerato in base all’attuale legislazione come “reato ostativo”, tale da non prevedere misure alternative al carcere.
Come per altre norme in tema d’immigrazione, aldilà degli schieramenti politici istituzionali, si tende sempre più a punire con feroce accanimento ogni gesto di solidarietà e mutuo aiuto nei confronti dei migranti. Questa legislazione d’emergenza che immancabilmente va a colpire le fasce più povere della popolazione, non è una novità: l’aumento spropositato delle pene comminabili a chi manifesta ricorrendo al blocco stradale, a chi è attivo nel movimento delle occupazioni a scopo abitativo di stabili abbandonati, a chi manifesta con modalità diverse dalle classiche sfilate di rappresentanza, così com’è stato definito dagli ultimi decreti sicurezza, sono gli esempi eclatanti del livello repressivo che si vuole raggiungere per mantenere lo status quo.
La triste storia della fine di Egidio ci ha fatto conoscere ancor più da vicino l’assurdità del carcere e la sua brutalità: Egidio aveva bisogno quotidiano di un respiratore per l’ossigeno e il carcere disponeva di un solo apparecchio che i detenuti bisognosi si scambiavano. Con non poche difficoltà e solo grazie all’intervento dei volontari siamo riusciti a farne entrare uno in carcere. Non è mai stato possibile riuscire a vedere o parlare con Egidio pur essendo il nostro movimento l’unica famiglia che Egidio avesse a Parma.
Del resto non scopriamo ora l’estrema durezza del carcere di Parma: pensiamo alle persone sottoposte al 41 bis che in base a numerose testimonianze parlano di condizioni detentive che senza mezzi termini possono definirsi come tortura (e come tale è stata riconosciuta dal Comitato per la Prevenzione della Tortura, dall’ONU, e dalla Corte di Giustizia Europea). Pensiamo al grave sovraffollamento (646 detenuti contro una capienza massima di 455 persone) come recentemente sottolineato dal Garante dei Detenuti di Parma, fatto che incide soprattutto sui detenuti che necessitano di cure nei reparti di assistenza intensiva e paraplegici.
E d’altra parte, in generale dalle carceri italiane, nonostante censura e silenzio da parte dei media, arrivano sempre più frequenti notizie di condizioni di vita infernali, abusi di ogni genere, violazioni di diritti, pestaggi ad opera della polizia penitenziaria.
Pestaggi come nel carcere di San Gimignano, sotto le cui mura si terrà, in contemporanea con Parma, un presidio di solidarietà ai detenuti.
Il 22 settembre scorso i giornali hanno riportato la notizia di un’indagine che vede coinvolte 15 guardie del carcere di San Gimignano, accusate sulla base di testimonianze dirette di avere picchiato un prigioniero con pugni e calci, fino a lasciarlo svenuto a terra.
Vogliamo rimarcare che i pestaggi, a San Gimignano come nelle altre carceri, rappresentano la ordinaria sanzione, da parte delle guardie, di una insubordinazione rispetto all’ordine costituito. In queste mesi le proteste contro gli abusi delle direzioni degli istituti e della polizia penitenziaria si sono moltiplicate: Napoli, Trento, Perugia, Palmi, Reggio Emilia, Campobasso solo per citare le più recenti. Non è quindi un caso che Salvini, l’uomo dei “decreti sicurezza” che ha fatto della violenza armata del potere la sua bandiera politica, abbia solidarizzato con le guardie sotto indagine andando sotto il carcere. Una visita atta a sbandierare l’impunità di cui le forze della repressione ritengono di dover godere in questo sistema, impunità che fa sì che si possa entrare sulle nostre gambe all’interno di una questura o di una galera per uscirne dentro una bara. Ma fortunatamente la visita di Salvini ha visto una pronta e significativa reazione da parte dei prigionieri che hanno protestato rumorosamente.
In questo momento riteniamo sia di fondamentale importanza portare tutta la solidarietà possibile ai detenuti di San Gimignano e in generale a tutte le persone che in carcere con ogni mezzo provano a protestare e ribellarsi; è per questo che sabato 26 ottobre faremo questo presidio davanti al carcere di Parma.
Lo faremo contro l’inferno dei cosiddetti “regimi differenziati”: le sezioni di massima sicurezza (41bis) che sottopongono i prigionieri ad un trattamento che costituisce una vera e propria tortura e di alta sicurezza (AS) in cui si isolano le persone detenute dal resto della popolazione carceraria. Lo faremo in solidarietà con tutte le compagne e i compagni che si ritrovano in carcere o sotto processo per le lotte contro questo stato che violenta, tortura e uccide ogni giorno attraverso i suoi servi. Lo faremo perché riteniamo che la lotta contro le carceri, dentro e fuori le mura, sia un tassello fondamentale della rivolta contro l’esistente, e che la solidarietà resti sempre la nostra migliore arma.