Fridays For Future a Parma: «La politica deve risponderci»

di Igor Micciola

Diecimila persone che scendono in piazza a Parma non passano inosservate. Quello che è successo il 15 marzo per il Climate Strike, chiamato dalla sedicenne ambientalista svedese Greta Thunberg e accolto da più di duemila città nel mondo, ha un che di straordinario per la nostra piccola provincia, soprattutto considerando che per numero di manifestanti Parma è la terza città italiana. Preso da solo, però, questo è un dato e non un’informazione: ci dice poco su quanto è successo, perché e quali sono i possibili sviluppi. Partiamo, quindi, dall’organizzazione della manifestazione, che porta la firma del Fridays For Future – Parma. E, in particolare, di Chiara Bertogalli, tra i primi membri del coordinamento cittadino, che ha accettato di farci da guida all’interno di questo nuovo movimento. «Si tratta di un coordinamento – spiega – nato spontaneamente, proprio come in tutte le altre città: siamo un gruppo di persone che hanno partecipato a un evento sui cambiamenti climatici e hanno deciso di attivarsi. Così ci siamo ritrovati in piazza Garibaldi, con cartelli che portavano messaggi di preoccupazione per il pianeta. Abbiamo iniziato l’8 febbraio ed eravamo in meno di 20! I partecipanti erano e sono i più vari: molte realtà della nostra comunità sono sensibili al tema, dalle associazioni ambientaliste a privati cittadini, dagli adolescenti ai meno giovani, tutti ispirati dal coraggio e dalla perseveranza di Greta. Posso dire con orgoglio che le nostre assemblee contano sempre più persone, soprattutto studenti».

Come si spiega il successo del corteo del 15?
«È evidente dai numeri che Parma ha una coscienza ambientalista molto forte. Devo però dare anche merito al gruppo di lavoro, che ha interagito molto con la città e diffuso il coinvolgimento in modo capillare, soprattutto con docenti e dirigenti scolastici: senza la loro sensibilità le scuole sarebbero rimaste molto di più “alla finestra”».

Nonostante non appoggiate nessuna forza politica in particolare, il vostro è un messaggio squisitamente politico. Che tipo di rapporto intendete intrattenere con le istituzioni che vi hanno già deluso?
«Come abbiamo detto in tutte le occasioni, dalla politica esistente ci aspettiamo un cambio di marcia significativo su questi temi: i cambiamenti climatici devono entrare nei programmi elettorali e chiunque governerà, a tutti i livelli, dovrà necessariamente fare i conti con l’applicazione dell’Accordo di Parigi sul clima e con il successivo report Ipcc sull’aumento della temperatura del pianeta. Noi stimoliamo con tenacia ad aprire gli occhi su questo problema, clamorosamente ignorato dalla politica italiana come da altre parti. Dobbiamo agire, non possiamo scappare dall’evidenza che i dati portano, tanto vale dunque iniziare a pensare ad una società nuova, basata su un consumo decisamente più responsabile e su un sistema produttivo che smetta di esaurire le risorse naturali a vantaggio di pochi, pochissimi. La politica dovrà pensare a come favorire questa transizione».

In effetti, uno dei vostri tratti distintivi sta nell’accento posto sull’azione: come pensate di agire voi e che tipo di azione proponete a chi vuole seguirvi?
«L’azione deve partire da ognuno di noi, nel nostro piccolo così come ai gradi più alti della società. Noi siamo promotori di almeno tre livelli di azione: individuale, collettivo, di comunità. Sul piano individuale si può fare molto, come orientare i consumi, non sprecare e ridimensionare i falsi bisogni della società dei consumi. Come collettività possiamo adottare buone pratiche e promuovere comportamenti virtuosi da portare avanti in massa, come l’uso della borraccia o raccogliere i rifiuti nel greto, mentre come comunità dobbiamo coinvolgere soprattutto il mondo delle attività produttive: dagli imprenditori ai sindacati e agli amministratori. Qui le soluzioni devono essere più strutturate, orchestrate da esperti: noi siamo cittadini e le risposte strutturali non devono arrivare da noi, ma da chi abbiamo votato ed è quindi custode della sicurezza delle persone e dell’ambiente».

Rimane lo scoglio di costringere una classe dirigente che negli ultimi 30 anni ha promesso senza mai mantenere.
«Purtroppo le condizioni climatiche peggioreranno in modo repentino e ci ritroveremo a contare i danni sempre più ingenti. Prima era facile per la classe dirigente mondiale ignorare i cambiamenti climatici, perché non erano evidenti. Ma oggi è il 27 marzo e abbiamo il Po ai livelli di luglio, solo per fare un esempio. Tutto questo ha già delle conseguenze nei paesi del mondo più soggetti alle conseguenze del clima impazzito. Ora che le coscienze si stanno risvegliando, invece, appare chiaro che i nostri dirigenti sono chiamati a rispondere ai cittadini. Quando questo ascolto non c’è, i risvolti sono purtroppo imprevedibili e generalmente non piacevoli».

Torniamo a Parma: come avete deciso di muovervi riguardo ai problemi locali?
«La nostra intenzione è di contribuire a sollevare le questioni di ordine ambientale e a cercare soluzioni. A ogni occasione. D’altronde, è sufficiente documentarsi un po’ per capire quali interventi non devono assolutamente essere presi per non aumentare la Co2. Tutti gli interventi che portano al maggiore uso di combustibili fossili è da bandire, altrimenti non abbiamo capito nulla dei dati portati dalla scienza moderna. Useremo ogni mezzo per farci ascoltare».

Uno dei problemi di cui oggi si discute di più a Parma ha a che fare proprio con la tutela ambientale ed è il cambio di destinazione a cargo con ampliamento della pista per l’aeroporto Verdi.
«È evidente che un aeroporto cargo è una soluzione tremendamente inquinante in vari aspetti e che determina un impatto insostenibile. Va in direzione opposta a quella necessaria».

Quindi, che idea vi siete fatti riguardo alla posizione del sindaco Pizzarotti che, da una parte, sostiene i lavori dell’aeroporto e, dall’altra, sostiene il vostro movimento?
«Tutti i politici oggi amano parlare di Greta. Noi, però, guardiamo solo le azioni».

Quali sono i vostri programmi per il prossimo futuro?
«Ci stiamo confrontando quotidianamente, perché questo è un movimento spontaneo e non circoscritto, è un cambiamento di mentalità che sta interessando sempre più persone. Nessuno può pensare di contenere questa onda, quindi il nostro lavoro ora è principalmente quello di darle voce, sfogo e ossigeno».