da Rete diritti in casa
A Parma l’accesso ad un alloggio decente sta diventando un obiettivo irraggiungibile per migliaia di persone della fascia più povera della popolazione. Il caso di Ablay è esemplificativo del fatto che la discriminante razziale rende ancora più difficile per gli immigranti accedere ad un alloggio, fenomeno incentivato dal disgustoso clima d’odio seminato a piene mani da chi ha fatto del razzismo il proprio strumento di creazione di consenso elettorale.
Anche per gli italiani per avere una casa in affitto nel mercato privato non è più sufficiente un reddito fisso: ne servono due, sia per convincere il proprietario a sottoscrivere il contratto sia per riuscire a coprire il costo sproporzionato della pigione. Sempre più spesso poi le agenzie e i proprietari richiedono anche elevate fideiussioni. I lavoratori precari, cioè buona parte dei lavoratori, sono esclusi dal mercato privato e riescono ad ottenere un alloggio in affitto solo se possono contare su una rete di protezione famigliare che faccia da garante.
Parma inoltre è una città universitaria e questo droga verso l’alto il costo degli affitti, infatti molti proprietari preferiscono affittare gli alloggi a prezzi proibitivi agli studenti che se lo possono permettere. A questo si aggiunge la diffusione spettacolare di piattaforme di affitti temporanei (come Airbnb) che sta destrutturando il mercato immobiliare e ha già sottratto circa un migliaio di alloggi alla locazione permanente, a favore di locazioni di breve durata per i turisti, con rendite ben più elevate. Questo trend sarà ancora più appesantito dalla tanto acclamata manifestazione Parma2020 che farà la gioia della piccola/media borghesia e dei grandi speculatori ma che avrà dei costi notevoli in termini sociali proprio in campo abitativo. I poveri, italiani o stranieri, che già oggi non riescono ad accedere al mercato dell’affitto privato saranno sempre più costretti alla coabitazione forzata con amici o parenti, a dormire in auto, nei dormitori e ad accettare tuguri, pagati a caro prezzo, come alloggi e progressivamente espulsi da un centro cittadino destinato a divenire una vetrina per i turisti.
Le politiche abitative pubbliche sono ferme: le case popolari in Italia sono una percentuale insignificante del totale degli alloggi (4%) e le nuove costruzioni sono interventi appena simbolici. Il governo gialloverde si disinteressa completamente della questione, intervenendo con misure in difesa della proprietà privata e incitando la guerra tra poveri per accaparrarsi i pochissimi alloggi pubblici disponibili
Gli sfratti vengono eseguiti con modalità brutali, senza garantire neanche il passaggio da casa a casa (quando sarebbe possibile avendo magari un po’ di tempo in più), e senza cautele nemmeno nel caso di presenza di bambini, anziani, ammalati, invalidi. La casa non viene considerato un bene necessario e fondamentale per ogni essere umano ma solo un mezzo per speculare ed arricchirsi sui bisogni delle persone.
In Italia ci sono milioni di alloggi sia pubblici che privati inutilizzati. Tra Parma e Provincia ci sono 51.000 alloggi vuoti. Se si vuole davvero arrivare alla soluzione dell’emergenza abitativa è ora di intervenire seriamente e andare ad intaccare gli interessi dei grandi speculatori immobiliari, innalzando le tasse per coloro che lasciano gli immobili sfitti e ricorrendo alla requisizione degli immobili vuoti di banche, società immobiliari e grandi proprietari. Se non lo fanno le istituzioni lo dovranno fare coloro che sono sempre più ignorati dal mercato e dallo Stato, come le migliaia di persone che si trovano nella stessa situazione di Ablay.
Come riportato all’inizio, il caso di Ablay è esemplificativo delle discriminazioni razziali che subiscono gli immigrati nell’accesso alla casa e che sono davvero estremamente diffuse. La telefonata che avete sentito è solo un esempio, estremamente significativo, di ciò che ci siamo costantemente sentiti rispondere dalle agenzie immobiliari da quando stiamo aiutando Ablay a cercare un alloggio. Dopo due mesi di ricerca Ablay non ha ancora visitato neanche un appartamento.
Riportiamo di seguito altre risposte avute da agenti immobiliari e privati, inizialmente disponibili a far vedere e affittare gli appartamenti offerti negli annunci e che successivamente negano la possibilità di affitto, non appena scoprono che si stava cercando casa per un lavoratore referenziato ma straniero.
-Per noi vengono prima gli italiani. Se poi proprio proprio non troviamo un italiano possiamo anche tenere in considerazione uno straniero
-No no no la gente del palazzo non vuole un nero e poi lei non sa chi abita lì.
-Devo subito bloccarla perché il proprietario non vuole stranieri.
-È straniero? E di dove? Senegalese? No non possiamo darglielo.
-Ma lei conosce questa persona? Come fa a garantire per lui? Ma lei non sa in che guai va a cacciarsi con queste persone, ci mette la faccia e poi non sa cosa combinano. Assolutamente i proprietari di case non vogliono più affittare agli stranieri.
-Ah è straniero? Allora guardi no, non glielo faccio neanche vedere e poi domani ho già una visita e sono sicura di affittarlo
-È straniero? No no no no no no no no
Altri agenti immobiliari e privati non si sono sbilanciati, ma trattandosi di un lavoratore straniero hanno immediatamente e frettolosamente risposto:
Mi dispiace si affitta soltanto agli studenti, e hanno chiuso istantaneamente la telefonata.
Infine segnaliamo l’unico caso positivo di questa ricerca, una risposta di un agente immobiliare, anch’essa eloquente:
-Nella nostra agenzia non si fa distinzione di razza, valutiamo le credenziali di ogni persona allo stesso modo. Conosco bene I miei colleghi e so benissimo le risposte che vi hanno dato.
Riteniamo che queste frasi cariche d’odio razziale siano inaccettabili e dimostrino come la società in cui stiamo vivendo stia assorbendo nel profondo i pregiudizi e le paure quotidianamente fomentate dal governo e dai mezzi di comunicazione.
Non staremo fermi a guardare.