di Sinistra classe rivoluzione
Il capitalismo in crisi impoverisce, sfrutta e con arroganza vuole anche decidere della vita privata e del corpo delle donne. Questi dieci anni di crisi sono stati accompagnati da ulteriori attacchi allo stato sociale, ai diritti civili, ma hanno scavato nella coscienza delle giovani generazioni che non sono rimaste a guardare. Si è assistito ad una nuova stagione di lotte a livello internazionale, espressione di un odio profondo contro un sistema e le “sue” istituzioni che, in nome della morale e dei “valori tradizionali” vogliono con forza riproporre il modello di donne come strumenti di riproduzione, brave mogli e madri e lavoratrici più ricattabili quindi più fragili e mansuete. Ma proprio le donne sono state protagoniste di significative mobilitazioni a partire dalla difesa del diritto di aborto.
Ricordiamo la protesta nera in Polonia, la Marea Verde in Argentina e la straordinaria vittoria al referundum nella “cattolicissima” Irlanda. E ancora le proteste all’indomani della vittoria di Trump in Usa e di Bolsonaro in Brasile, i 6 milioni di lavoratrici e lavoratori in sciopero lo scorso 8 marzo in Spagna, agitazioni in Kosovo, a Karachi in Pakistan. Lo specchio di una rabbia profonda e anticapitalista. In Italia, l’escalation di violenza non ha precedenti. Mentre il governo strumentalizza le violenze su base di appartenenza etnica, i numeri ci parlano di una media di una donna massacrata ogni 72 ore. Nel 2017 49.192 donne, il 64% con minori a carico si sono rivolte a centri antiviolenza, e nei primi mesi di quest’anno aumentano del 30% i femminicidi. In questo quadro gridano vendetta le dichiarazioni di esponenti della Lega sul femminicidio come un falso problema inventato dalla sinistra, o ancora il classico “se la cercano perché lasciano i mariti”.
Discriminazioni pesanti si riproducono anche nei luoghi di lavoro: più sfruttate, più ricattate a parità di mansioni e a disparità di salario rispetto ai colleghi maschi! Nella manovra economica 2019 è stata approvata la fruizione del congedo di maternità a dopo il parto, l’ennesima concessione ai padroni di un ulteriore strumento di ricatto verso le lavoratrici. Sempre la manovra economica prevede ulteriori tagli alle spese sociali. I nidi, le strutture sanitarie di qualità, i luoghi di sostegno psicologico per le donne vittime di violenza non sono la priorità. Il Governo del cambiamento non trova di meglio da fare che attaccare i luoghi tradizionali e simbolo di lotta come la Casa internazionale delle donne, e intimidire e insultare chi ha osato contestare in piazza le mozioni antiabortiste a Verona, in Liguria e non solo. Nei ministri in quota Lega, questo Governo esprime chiaramente un ritorno ai principi cari al capitale. Nel nome di “DIO, PATRIA E FAMIGLIA” e col plauso del Vaticano, il ministro Fontana e l’on. Pillon, paladini della famiglia tradizionale e patriarcale, vogliono affondare la 194 e fare del divorzio un vero e proprio percorso ad ostacoli, in barba alla tutela dei minori e delle donne spesso coinvolte in separazioni conflittuali o vittime di violenza domestica.
L’ 8 Marzo saremo in piazza contro il governo Giallo-verde, per l’unità di donne e uomini. Contro la violenza di genere rispondiamo con l’unità di classe! Per la difesa e l’estensione dei diritti civili! Per un’alternativa rivoluzionaria!