da Officina Popolare Parma
Con il titolo Per la pace: oltre la propaganda di guerra, venerdì scorso, 8 aprile, si è svolta alla Casa del Popolo di via Solari un’assemblea con Alberto Fazolo, giornalista e studioso di economia, che ha pubblicato – insieme a Nemo – il volume In Donbass non si passa (Redstar Press, 2018), L’incontro si è aperto con un sentito ricordo degli internazionali antifascisti caduti in Donbass, tra cui l’italiano Edy Ongaro.
Successivamente, il giornalista, che ha vissuto due anni in quella regione, tra il 2015 e il 2017, ha analizzato le radici storiche di quel conflitto, o meglio di quella guerra civile, iniziata nel 2014. Un conflitto etnico, religioso, e pure molto politico, che verteva sulla contrapposizione tra militanti neonazisti e formazioni resistenziali. All’epoca della strage di Odessa, il 2 maggio del 2014, 48 morti ufficialmente riconosciuti alla sede del sindacato, duecento persone scomparse dopo i pogrom durati tutta la notte, il ministro degli interni era un esponente di Pravyj Sektor [letteralmente Settore Destro, si tratta di un’organizzazione paramilitare di estrema destra, n.d.r.]. Loro armano e garantiscono impunità alle formazioni neonaziste, eredi di una lunga tradizione nell’ovest ucraino, e alle nascenti formazioni provenienti dalle tifoserie organizzate, fino a inserirle direttamente nei ranghi della guardia nazionale.
Stime ufficiose riportano il numero di 3500 persone scomparse nella sola provincia di Mariupol in questi anni. La reazione popolare porta alla costituzione delle repubbliche resistenziali di Donetsk e Lugansk, che però non sono riuscite a cambiare i modelli di produzione e organizzazione sociale, e in una ottica di sopravvivenza disperata, hanno stretto legami sempre più stringenti con il governo russo. Sul campo, pare che le operazioni militari abbiano un andamento differente da quello descritto dai media occidentali, come pure Fazolo ha preso in considerazione l’aspetto, censurato, riguardante l’opinione pubblica russa.