Il PNRR e la finzione ecologica

da Potere al Popolo Parma

Da sinistra: Maria Elena Antinori, Ilaria Boniburini e Andrea Bui, durante la presentazione del documento di analisi del PNRR in merito alla transizione ecologica (Parma, 2/12/2021)

La ricetta rimane la stessa, anche se il piatto che ci hanno servito più volte di buono ha solo come si presenta. Per il resto, nella sostanza, rimangono indigeribili le soluzioni e l’interpretazione del problema ambientale. Ieri pomeriggio a Parma, al Circolo Dipendenti Comunali, abbiamo presentato il documento di analisi del PNRR in merito alla transizione ecologica, redatto dal Tavolo Ambiente nazionale di Potere al Popolo. Dopo l’inquadramento generale di Emanuele Leonardi sull’emergenza climatica e la risposta della politica mondiale (vedi lo sfacelo della Cop26), siamo entrati nel dettaglio del PNRR firmato dal governo Draghi, e della linea che traccia, grazie agli interventi di Ilaria Boniburini e Maria Elena Antinori, autrici del documento insieme a chi partecipa al Tavolo, che hanno smontato punto per punto la linea proposta da Draghi.

Ne è emerso un quadro disastroso: la strategia adottata, al netto della solita retorica neoliberista, consiste nel “drogare” a breve termine il sistema economico per favorire il profitto delle grandi imprese e della finanza. Il risultato sarà un aumento del PIL cui farà da controparte un peggioramento sia dell’indebitamento che della bilancia dei pagamenti, senza avviare nessun processo serio di transizione energetica. Alla conferma della grande minaccia rappresentata dall’emergenza climatica, di conseguenza, il governo italiano corrisponde una quantità enorme di denaro pubblico da dare alle imprese. Cioè a quello stesso sistema imprenditoriale che è la causa alla base del problema da risolvere. Il tutto mascherato da (finto) ecologismo.

Così, si scopre che quella che viene promossa come una rivoluzione della mobilità sostenibile, si basa ancora sull’incentivazione degli spostamenti privati, in previsione di un irrisorio aumento della mobilità pubblica. Si prevedono piccoli miglioramenti alle infrastrutture ferroviarie, ma soprattutto si punta su alta velocità e Grandi Opere, alcune addirittura riesumate dalla Legge Obiettivo di Berlusconi. La cosiddetta transizione energetica è tutta incentrata sul metano, che pure è uno dei più potenti gas serra, e sull’idrogeno, di qualsiasi “colore”, dunque non solo quello verde che sarebbe forse il solo sostenibile, ma sicuramente in base alle soluzioni che saprà proporre ENI.

L’urbanistica, poi, continua a declinarsi come sfruttamento edilizio, con un focus sulle 14 maggiori città metropolitane che rischia di creare più squilibri territoriali che miglioramenti in vivibilità. Questi 14 centri saranno i soli a poter aprirsi alla possibilità di crescere “boschi urbani”, l’unico investimento nella tutela della biodiversità a cui pure l’Unione Europea ha da poco dedicato un documento di Strategia, come criticità ambientale prioritaria.

Del resto, l’analisi della sola componente dedicata all’economia circolare mostra come il PNRR non sia un piano, ma un decalogo di punti in contraddizione tra loro (si punta sulla digitalizzazione, però si pone il problema, ad oggi quasi irrisolto, dello smaltimento e recupero delle risorse per le apparecchiature elettriche). Infatti, non sfrutta le competenze degli istituti pubblici, che pure ci sono, dagli stessi Ministeri ai centri di ricerca come ENEA, che insieme al Ministero della Transizione Ecologica ha redatto un documento sull’economia circolare, per gran parte ignorato nel PNRR. Inoltre, non coinvolge i territori né le persone, come dimostra il fatto che la consultazione pubblica su una strategia nazionale di economia circolare sia stata aperta solo a settembre, ben 5 mesi dopo aver approvato il PNRR. Dunque un piano calato dall’alto, a favore solo delle imprese, ammantato di finzione ecologica e privo di qualsiasi attenzione al tema della giustizia climatica.

Non stupisce, quindi, che a Parma l’Unione Industriali Parmense faccia lo stesso discorso sulle grandi opere, come spiegato in conclusione da Andrea Bui, che ha riportato sul piano locale l’impatto di questa impostazione. I grandi imprenditori del nostro territorio replicano in scala le misure “draghiane”, passando con disinvoltura paradossale dalla tutela ambientale alle colate di cemento, consumo di suolo e inquinamento: al ponte sullo stretto di Messina (per fortuna solo discusso) a Parma corrisponde una “grande opera” provinciale come l’aeroporto cargo, al TAV in Val di Susa la “nostra” fermata dell’Alta Velocità, e ai miliardi previsti per le infrastrutture stradali sul piano nazionale fanno eco le parole dell’UPI sull’irrinunciabilità della Tibre.

Ieri pomeriggio abbiamo avuto la possibilità di leggere il PNRR con l’occhio critico di chi ha avuto lo stomaco di studiarlo. E l’impressione è quella di uno scherzo di cattivo gusto, salvo poi rendersi conto che chi detta la linea non scherza affatto. Ma una comunità unita che lotta a difesa del proprio territorio non è poca cosa, come dimostrano i No TAV. Possiamo fare molto: un buon inizio è non voltarsi dall’altra parte, non cedere alla rassegnazione. Smettendo di credere, una volta per tutte, che non c’è alternativa.