Amministrative, nasce il laboratorio Parma Città Pubblica

da Parma Città Pubblica

Nasce ufficialmente il Laboratorio Parma Città Pubblica, frutto del lavoro di tante persone,  impegnate in ambito sociale, ambientale, culturale e nell’attività politica. Oltre duecento firme accompagnano il nostro “documento identitario”: esso definisce la nostra visione di città a partire da quelli che crediamo essere i bisogni reali e gli auspici di gran parte della società civile, nel suo insieme e quartiere per quartiere.

Il Laboratorio nasce per approfondire in modo partecipato le priorità e sviluppare proposte di soluzione – condivise ed elaborate – in funzione delle future elezioni comunali. Da gennaio 2022 partiranno tavoli tematici aperti per definire il nostro progetto per il futuro di Parma. Ci auguriamo che partecipi chiunque condivida questa nostra visione di città pubblica, singole persone e realtà partitiche e associative.

Sabato 4 dicembre 2021 alle ore 15, presso il Circolo Inzani (Largo C. Beccaria 9/A, Moletolo) presenteremo in un incontro pubblico il nostro documento e l’articolazione dei tavoli che approfondiranno le diverse tematiche.

Sarà importante la maggior partecipazione possibile a questi tavoli per dare forza alle rivendicazioni che intendiamo avanzare, per arricchire i contenuti e le proposte, immaginare soluzioni e dettare temi centrali e indirizzi, sui quali misureremo chiunque si candidi a governare la nostra città. Se poi si creeranno le condizioni, siamo pronti a presentare una lista civica che ci rappresenti.

 

DOCUMENTO IDENTITARIO DI PARMA CITTÀ PUBBLICA

Tra pochi mesi si terranno le elezioni comunali: la politica locale, salvo alcune eccezioni, appare totalmente scollegata dalla realtà, preda di logiche che non tengono conto delle esigenze reali della città e della cittadinanza; alleanze e nomi che vanno e vengono al solo scopo di ottenere visibilità e garantirsi l’appoggio e l’approvazione dei centri di potere sul territorio. I progetti di chi si candida a governare domani la nostra città non ci sembrano rispondere ai bisogni e alla volontà di chi ci vive, eppure vengono dati per scontati, come inevitabili e prestabiliti.

Mancano una visione del futuro che rimetta al centro l’interesse pubblico, in una prospettiva di vera sostenibilità sociale ed ambientale, ed una capacità di approccio consapevole all’emergenza climatica, così come alle nuove ed antiche povertà, per vivere in una città che si cura e garantisce cura e sicurezza.

Innanzi a questo scenario, il fronte astensionista potrebbe rappresentare la netta maggioranza degli aventi diritto; un fronte al quale potrebbero unirsi gli insoddisfatti dei partiti, di riflesso ad un malcontento trasversale a tutte le forze politiche.

Per queste ragioni, come cittadini e cittadine sosteniamo con convinzione la necessità di un cambio di paradigma che abbia come presupposto l’idea di Parma come città pubblica.

Cosa significa “città pubblica”?

Se riportiamo l’attenzione sui diritti e sulle garanzie costituzionali, ci rendiamo conto che è la nostra Costituzione a definire il perimetro entro il quale il termine “pubblico” acquisisce la sua valenza irrinunciabile: l’uguaglianza si realizza tramite l’obbligo per lo Stato di rimuovere gli ostacoli che la impediscono, in un’ottica in cui l’iniziativa privata è libera, ma è subordinata all’interesse pubblico ed i servizi sociali traducono questi principi in una vita dignitosa per ogni persona.

Di conseguenza, è necessario tornare a parlare di BENE COMUNE e di publica utilitas (usi civici): acqua, suolo, aria, ma anche la città stessa, i monumenti, la sua cultura, la sua storia e la sua memoria impresse nelle strade, nelle piazze, nei quartieri sono patrimonio materiale e immateriale collettivo non alienabile. Non una merce, non un logo o un brand utili al marketing territoriale, non spazi o simboli cedibili per interessi privati.

Troppo spesso il termine “pubblico” viene utilizzato in modo distorto, come sinonimo di cattiva gestione o inerzia, in opposizione ad una narrazione finalizzata a rafforzare una percezione sempre positiva, idilliaca e performante di tutto quanto è privatizzato. Non stupisce più che gli spazi pubblici, ma anche i servizi importanti ed essenziali di una città – generatori di lavoro, luoghi di diritti costituzionali e spazi di negoziazione delle parti sociali – siano totalmente affidati alla gestione di soggetti privati.

E’ necessario destrutturare questa narrazione e restituire al “pubblico” il suo significato e le sue prerogative, indispensabili al funzionamento della vita democratica, che saranno la base nella ridefinizione del modello di città che vogliamo immaginare per il futuro.

Si tratta quindi di cambiare i termini della relazione tra pubblico e privato, le cui competenze e risorse sono molto utili se governate. Bene quindi la collaborazione, ma la progettualità deve essere pubblica, per evitare prima di tutto la schizofrenia negli interventi. I progetti diventano contraddittori senza visione pubblica complessiva ed i proventi devono garantire innanzitutto la manutenzione ed il buon funzionamento dei servizi stessi.

Le conseguenze della disattenzione ai beni comuni sono sotto gli occhi di tutti: la mancanza di rispetto per l’ambiente e il patrimonio collettivo, l’esclusione di larghe fasce della popolazione da servizi essenziali, il consumo di suolo in città, ma anche nelle frazioni e nel territorio circostante, gli interventi urbanistici e le scelte economico-finanziarie che rivelano un’idea di sviluppo non solo irragionevole e ingiusta, ma priva di progettualità e di etica. Ecco perché il Comune, pur salvaguardando la generalità degli interessi particolari, deve guidare e coordinare l’iniziativa privata definendo le finalità collettive da perseguire e sottraendo i beni comuni alla logica del profitto.

Solo una pianificazione generale, che a partire dall’inderogabile tutela dell’ambiente integri l’urbanistica e i servizi sociali, può essere garanzia che l’interesse pubblico non si pieghi ad interessi di parte, talora inutili, assai più spesso dannosi per la collettività.

Per noi la città pubblica è quella che non marginalizza nessuno, che non condanna la povertà, ma la combatte, che mette la cura dell’ambiente e la salute davanti agli interessi economici. Una città inclusiva e non esclusiva, in grado di programmare guardando al futuro e non alla scadenza elettorale successiva, con una capacità di pianificazione frutto di partecipazione collettiva reale e non, invece, espressione di chi riesce a organizzare i propri interessi in lobby.

La restituzione della città a chi la abita avviene innanzitutto attraverso la costante pratica dell’ascolto. Al centro quindi della città pubblica c’è una partecipazione autentica: non una messa in scena per fare bella figura sui giornali e dare una patina di accettabilità a progetti che favoriscono solo chi li propone, mentre per il resto della cittadinanza ci sono solo i costi ed un peggioramento della qualità di vita. Partecipare non può significare assistere passivamente alla presentazione di un progetto blindato e già definito, ma deve avvenire nella fase di elaborazione e prevedere ampi margini di revisione e modifica. Mezzi e fini devono essere connessi: se davvero si vuole realizzare la partecipazione, occorre ripensare radicalmente gli organismi che la garantiscono. Qualunque nuova veste sia pensata per gli organi di quartiere, non possono essere solo consultivi, ma devono poter incidere sulle scelte del Comune.

Tuttavia bisogna essere realistici: una città pubblica costa.

Siamo consapevoli che il patto di stabilità, la spending review e l’austerità finanziaria hanno reso molto difficile intervenire concretamente per migliorare i servizi, ma crediamo che sia il momento di invertire la tendenza degli ultimi 30 anni. Sappiamo ad esempio che ciò ha condotto al blocco delle assunzioni e dunque a un processo progressivo di esternalizzazioni e privatizzazione dei servizi erogati dagli enti pubblici, con ricorso a personale dipendente da cooperative o altri soggetti privati per garantire persino i servizi essenziali. In altri casi, si presenta come soluzione il ricorso al volontariato: il volontariato può e deve essere coinvolto, ma non ritenuto sostitutivo del pubblico.

Vista l’esiguità delle risorse si devono stabilire delle priorità. Fra queste, possiamo elencare certamente ambiente, salute, casa, alimentazione, educazione e assistenza. Va perseguito l’ordine nella cura della città, senza lasciarsi affascinare da un decoro troppo spesso concessione agli individualismi di turno: va data priorità alla pulizia e ad una adeguata e puntuale manutenzione del verde, dei parchi, dei fossi, delle strade, dei marciapiedi.

Uno degli strumenti che devono essere a tal fine agiti è il bilancio partecipato: di genere, ecologico, sociale.

Bisogna trovare le competenze economiche per usare al meglio i soldi del PNRR che è pesantemente condizionato (ad esempio non prevede assunzioni a tempo indeterminato) e, in generale, i fondi della UE, troppo spesso inutilizzati e talvolta nemmeno richiesti.   Deve essere insomma costruito un pool di persone specializzate che intercettino i fondi e che, per potervi accedere, strutturino i progetti in modo adeguato, sia dal punto di vista formale che contenutistico.

Anche le competenze tecniche e scientifiche dell’Università sono un patrimonio collettivo: perciò è indispensabile mantenere una relazione stabile con l’Ateneo e coinvolgere chi può essere di valido supporto all’amministrazione comunale.

Si deve modificare il modo di predisporre bandi di gara e appalti: non è ammissibile che si parli ancora di massimo ribasso, mentre sono irrinunciabili equità e trasparenza per garantire pari opportunità di partecipazione.

Certamente non possiamo ipotizzare di ribaltare completamente l’attuale prospettiva, ma possiamo attivamente intervenire per disciplinarla, consentendo al pubblico di riprendere in mano la situazione per definire le linee guida da seguire, coordinare, vigilare e controllare sia la qualità dei servizi erogati, sia i profili professionali e l’inquadramento contrattuale delle lavoratrici e dei lavoratori.

La macchina comunale ha enormi potenzialità: vanno valorizzate a pieno alte professionalità e competenze che oggi non solo non vengono riconosciute, ma anzi umiliate e marginalizzate a fronte di nomine e deleghe a soggetti esterni, scelti molto spesso soltanto per favoritismi o perché ritenuti più fedeli all’amministrazione del momento.

Un programma alternativo per il governo della nostra città deve essere costruito sul presupposto della città pubblica.

E’ necessario mobilitare tutte le competenze e le forze che ne ritengono prioritaria la costruzione: per farlo avvieremo un processo partecipativo del tutto nuovo. Esso si fonderà su un approccio globale alle diverse problematiche, su una contro narrazione documentata con dati e informazioni puntuali e su conseguenti scelte concrete.

Ciò non ci consentirà soltanto una reale valorizzazione del patrimonio collettivo, ma anche la risoluzione di problemi che investono la vita quotidiana di tante persone. Basti pensare al problema della sicurezza, che noi riteniamo strettamente legato a quello dei diritti, ma anche alla necessità di una attenzione diffusa alla legalità, come dovere e obbligo morale di una società matura e coesa. Perché una città è sicura quando restituisce, senza esclusione alcuna, pari dignità e opportunità, quando sa essere quindi compiutamente democratica, inclusiva, equa, partecipata, viva e innovativa.

 

parmacittapubblica.lab@gmail.com

 

Parma, 27 novembre 2021

 

 

Elenco dei primi 217 Firmatari

 

Marco Aiello

Rossana Alessandrini

Ilaria Allegri

Giorgio Amadei

Giuliano Amadei

Veronica Ambrosini

Katia Anzola

Vittoria Arfini

Gaetana Arìu

Flavia Armenzoni

Anna Atti

Francesca Avanzini

Cristina Baldi

Davide Baldi

Francesco Baldini

Adriana Barbieri

Anna Bartoli

Giovanni Bastoni

Daniele Beghè

Maria Teresa Belli

Valentina Belmuso

Angela Bergonzi

Claudio Bernardi

Luca Bersellini

Stefano Bersellini

Carla Bigoi

Claudio Bocchi

Daniela Bocchi

Nadia Bocchi

Mauro Bocchia

Maria Borelli

Giuliano Borgatti

Barbara Bottarelli

Mariapia Branchi

Mario Brandini

Cristina Brighenti

Elia Brindani

Andrea Cabassi

Francesco Caffarra

Sara Calzolai

Elena Campari

Giulia Canali

Marianna Canetti

Firmo Carola

Daniele Caroli

Daniela Cavalieri

Giovanni Cavalli

Carla Cavallini

Emanuela Cavallini

Roberto Cavanna

Gian Luca Cavatorta

Emilio Ceci

Carla Cherubini

Liliana Chiaia

Michele Chiari

Angelo Francesco Chiuri

Cristina Cimicchi

Flavia Colli

Petra Colombo

Enrica Conforti

Paolo Consigli

Andrea Contini

Chicco Corini

Isabella Corini

Davide Curlante

Ludovico Cutaia

Giulia D’Ambrosio

Anna Decembrino

Giorgia Delledonne

Giorgio Delledonne

Pierluigi Delledonne

Chiara Delucchi

Gianfranco De Murtas

Agnese Denaro

Claudia De Santis

Federico Di Mauro

Graziella Dioni

Fiorita Dodi

Gabriella Donati

Susanna Durante

Francesca Farina

Michela Fava

Daniela Federico

Sara Ferraglia

Dino Ferrante

Alessandro Ferrari

Elisabetta Ferrari

Franco Ferrari

Daniela Ferraro

Gabriella Ferretti

Cristina Ferri

Rita Floris

Bruno Fontanesi

Maria Grazia Fontanesi

Sandro Fontanesi

Daria Fontanili

Francesco Fulvi

Giovanni Furia

Enrica Gabbi

Rosaria Gallicani

Vittorio Gatti

Gaia Ghillani

Antonella Ghinelli

Salem Ghirbi

Giancarlo Ghirlanda

Giovanna Gianello

Giuseppe Gianola

Anna Girolamo

Alberto Giubilini

Franco Giubilini

Isotta Giubilini

Roberta Graiani

Francesco Grandi

Lella Greci

Giovanna Guatteri

Pedro Guerra Figueroa

Massimo Guffanti

Anna Gussoni

Maurizio Impallomeni

Anna Kauber

Franca Laviosa

Fabrizia Leccabue

Fabrizio Leccabue

Francesco Levati

Barbara Lombatti

Giovanni Luzzini

Elisabetta Maccagni

Andrea Maestri

Roberta Maggiali

Cecilia Magnani

Francesco Magnani

Laura Mangiarotti

Paola Maniga

Franca Manzini

Alessandro Marchi

Lina Marchini

Elisa Mariani

Ombretta Marozza

Annalisa Matteucci

Luigia Mazzola

Lorenzo Melegari

Alberto Melotti

Laura Mengoni

Bruna Mengoni

Claudio Michelotti

Paolo Migone

Giacomo Montagna

Andrea Mora

Elisabetta Mora

Erika Mordazzi

Alberta Musiari

Giovanni Notari

Alfredo Notartomaso

Margherita Novara

Micaela Olivieri

Marco Orlandi

Matteo Orzi

Violetta Pacini

Rosanna Patrizi

Luigi Pelizzoni

Mirella Pelizzoni

Wilma Pellegri

Giovanni Pellegrini

Roberto Pellicelli

Alberto Pelosi

Maria Chiara Petrolini

Daniele Petruzzi

Giuseppina Pira

Stefano Porcari

Maria Pia Quintavalla

Raimondo Raimondi

Elena Rampello

Elisa Rasori

Cecilia Razzetti

Marzia Rei

Rosalia Riccardi

Maria Ricciardi

Raffele Rinaldi

Cecilia Rizzi

Silvia Rizzi

Roberta Roberti

Francesco Rosa

Valeria Rossetti

Angelo Rossi

Emilio Rossi

Simonetta Rossi

Teresa Roversi

Chiara Sacca

Riccardo Sacco

Gianni Salati

Michele Salsi

Paola Sanguinetti

Clarissa Sant’Ana De Lima

Anna Saporiti

Gabriele Scaccaglia

Andrea Scannavino

Davide Schiroli

Dea Severino

Susanna Siviero

Antonella Silvi

Gianluca Spagnoli

Roberto Spocci

Andrea Strambaci

Ali Ekber Sultan

Thomas Tambassi

Francesca Testa

Lucia Togninelli

Andrea Torreggiani

Mattia Toscani

Donato Troiano

Daniele Urbanetto

Valerio Varesi

Stella Vario

Bianca Venturini

Simona Verderi

Monica Zinelli

Enrico Zucchelli