di Marco Severo
Caro ex sindaco Pietro Vignali, che nei giorni di Pasqua mi scrivi una lettera nella quale, in primo luogo, ti auguri “di non essere indiscreto” (macché, figurati!), e che da quanto ho capito hai fatto lo stesso con tanti altri cittadini di Parma; caro ex sindaco che hai diligentemente corredato la lettera con una raccolta di articoli a stampa sulla tua recente riabilitazione giudiziaria; caro ex sindaco che fai un elenco di quante cose belle hai fatto per Parma da assessore e da primo cittadino, e che poi svolgi altre interessanti considerazioni sul passato della città, ecco, caro ex sindaco, vorrei provare a risponderti.
Sì, hai ragione, potrei farlo in privato, hai lasciato in calce il tuo indirizzo di posta elettronica e il tuo numero di cellulare “per scambiarci un parere o anche solo per un saluto”. Tuttavia sai com’è, la faccenda non riguarda solo me e te.
Innanzitutto bene grazie, per fortuna in famiglia stiamo tutti in salute. Ad essere proprio sinceri la tua lettera ha indotto qualche moto di turbamento, lasciando uno strascico alla stregua di certi sogni ricorrenti, quelli in cui c’è ancora un esame di maturità che ci aspetta, o come quelle vecchie foto in cui si indossano maglioni con le renne o spalline troppo larghe: è il passato impertinente che ci coglie quando meno ce lo aspettiamo. Celebrare ancora nel 2021 la “Carta per la Sicurezza” (con magnanimo uso di maiuscole), la mostra sul Correggio, la Scuola europea e la tangenziale completata, come fai nel testo, fa l’effetto di un improvvido ritorno di fiamma.
Nella tua esposizione si percepisce infatti un ristagno di argomenti, un incaponirsi su evidenze ormai un po’ stinte, un indossare panni un tempo alla moda e oggi evidentemente stantii, facendolo per di più con un residuo di quella prosopopea che fu della “Parma-un modo-di vivere”. Sono passati dieci anni e con il tuo racconto ci riporti ai “progetti innovativi come il Quoziente Familiare e l’edilizia residenziale sociale, il nuovo Festival Verdi” eccetera che, dici, fecero di Parma “un modello di riferimento”. Progetti secondo te “oggi di strettissima attualità” e ancora realizzabili, anche se più avanti affermi, con una vaga collisione logica, che adesso è importante avere uno “sguardo rivolto con fiducia ad un futuro completamente nuovo”.
Sono passati dieci anni, la storia ha accelerato, le vecchie élite politiche, malgrado l’attuale governo italiano faccia pensare il contrario, sono state poste in discussione, le intelligenze sono mutate, i talenti si sono fatti liquidi, i nuovi parmigiani nati quando tu eri alla guida della città fanno oggi scuola online, sotto i portici del Comune non si vedono più auto blu, Berlusconi di nuovo non ha prodotto molto a parte l’acquisto del Monza calcio, i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri crescono di numero, da un anno indossiamo mascherine e lottiamo con una malattia che ha ucciso migliaia di persone soltanto in Italia e tu nella tua lettera – pur dicendoti consapevole del momento drammatico – ci parli della Parma che era “ai primi posti” di “classifiche indipendenti (il Sole24Ore)”, di una città “attenta ai bisogni degli ultimi”, della “mostra sul Correggio (più visitata in Italia)” e del “commissario Ciclosi” – che oggi suona come il titolo di una serie su Netflix – e del suo “grave errore” nel fare i conti nel bilancio municipale, come sostieni in un intervento sulla Gazzetta di Parma del 24 gennaio scorso, allegato nella busta postale.
Non è tanto il contenuto esplicito della lettera che fa riflettere. In fondo, in quella pagina e mezza riferisci che un’inchiesta giudiziaria aperta su di te è stata archiviata e te ne dici lieto. Lo sapevamo, tra l’altro. Lo abbiamo appreso dai giornali e dai social network. E sapevamo anche che la Corte d’appello di Bologna ha recentemente stabilito il diritto al risarcimento tuo, del tuo ex assessore Giovanni Paolo Bernini e dell’ex segretario generale del Comune per via dell’eccessiva durata di un procedimento penale avviato a vostro carico. Le indagini in questione si inserirono in un complesso quadro giudiziario che nel settembre 2011, dopo un’estate rovente di manifestazioni di piazza, portò alle dimissioni della tua Amministrazione, certamente propiziando l’elezione dell’allora 5 Stelle Federico Pizzarotti.
Sapevamo tutto ciò, tuttavia va bene, hai voluto ribadirlo. Ciò che non sapevamo, al contrario, è che una riabilitazione giudiziaria dia diritto ad una frettolosa auto-rivalutazione politica, da festeggiare con l’invio ai cittadini di una lettera che celebri strepitosi successi e primati in classifica (“ero il quarto sindaco più amato d’Italia” hai detto di recente in un’intervista tv), e che si attarda su noti artifici retorici quale quello secondo cui “alcune opere problematiche come Ghiaia e Ponte Nord” furono progetti “finanziati e già appaltati prima” del tuo insediamento: giustificazione che stride con quanto affermato poc’anzi, laddove ricordi correttamente di aver fatto parte anche delle amministrazioni precedenti, quelle di Elvio Ubaldi.
Ecco, caro Pietro (perdonami se ti do del “Pietro”, ma ormai siamo in confidenza), torni a parlare in pubblico e lo fai con la rigidità monolitica del vecchio mondo, del linguaggio esausto. Proprio la lettera nel suo complesso sa di politica dal capello cotonato. In fondo perché la invii a noi cittadini? Non è chiaro, non si capisce. Se è solo per dire che i tribunali ti hanno scagionato, non c’era bisogno. I giornali, almeno quelli online, li leggiamo. Se, invece, è per preparare una nuova candidatura elettorale, come sembra di capire nelle ultime righe, quando suoni la carica a “noi tutti” per essere “nuovamente protagonisti”, perché non lo dici in modo chiaro? Mi candiderò alle elezioni municipali del 2022, per esempio. Perché mantenere quel sussiego che fu della politica di casta, quella distanza con un pubblico che oggi si è fatto esigente e meno disposto a farsi stupire da effetti speciali? Grazie per aver pensato a me, caro ex sindaco, ma non ci casco. I tempi della città cantiere e dei tagli del nastro, della turbopolitica e della ribalta nazionale a tutti i costi sono materiale d’archivio, foto d’epoca come quelle in cui ci scopriamo indosso, con imbarazzo, maglioni decisamente stravaganti.