di Igor Micciola
Digitalizzazione, lezioni a distanza e smart learning. Per molti sarebbe questo il futuro della scuola, a maggior ragione con la crisi pandemica che accelererebbe inevitabilmente il processo. E invece, il “futuro”, incarnato da migliaia di studenti in tutta Italia, scende in piazza a dire un sonoro quanto preoccupato “No alla Dad, no alla chiusura delle scuole”. Il mondo scolastico ha manifestato lo stesso profondo dissenso anche a Parma: oggi pomeriggio, intorno alle 16.00, circa 300 persone, tra studenti, docenti e genitori, si sono ritrovati in un presidio davanti alla Prefettura in via Repubblica, uniti nella protesta contro i continui rinvii del governo alla riapertura degli istituti superiori.
È d’accordo anche il Tar, che proprio oggi ha sospeso l’ordinanza regionale con cui l’Emilia-Romagna aveva deciso per l’avvio della didattica il 25 gennaio. La giunta guidata da Bonaccini è di fatto costretta a ritirare detta decisione e a riaprire le scuole lunedì 18, con lezioni in presenza al 50 per cento. Ma di didattica a distanza gli studenti in presidio oggi pomeriggio non vogliono neanche sentir parlare. «La Dad – ci spiega uno di loro – non risolve nessun problema, anzi ne crea. I livelli di apprendimento calano spaventosamente, tanto quanto aumenta la dispersione studentesca. La scuola non si chiude, le lezioni in presenza non sono sostituibili. Al contrario, è evidente la necessità di potenziare l’istruzione pubblica con finanziamenti che mettano in sicurezza gli edifici, che permettano un reclutamento adeguato del corpo insegnanti e con cui si superi una volta per tutte il problema delle classi pollaio. Per i trasporti vale lo stesso discorso: è necessario investire per renderlo consono alla situazione. Questo governo, invece, fa esattamente quello che hanno fatto tutti i governi precedenti da decenni a questa parte: scaricano su di noi il costo della crisi e tagliano le voci di spesa che riguardano l’istruzione, proprio come hanno fatto con la sanità. E questo è il risultato».
Poco dopo l’inizio della manifestazione, il Prefetto ha deciso di ricevere una delegazione dei manifestanti, tra cui la consigliera comunale Roberta Roberti, due studenti e due genitori. «Alle nostre osservazioni – spiega Roberti – il Prefetto si è mostrato più che sensibile, ha promesso di farsi portavoce delle richieste manifestate. Ma ha anche aggiunto una certa preoccupazione per la scarsa attenzione dimostrata nei confronti di settori come la scuola. Scendendo nel dettaglio dei trasporti, tasto dolente che si farà sentire fin da lunedì prossimo, ci ha comunicato il mantenimento del piano previsto con Tep, che prevede il potenziamento del servizio con 62 mezzi aggiuntivi e la presenza di facilitatori alle fermate, soprattutto nei momenti di punta per evitare gli assembramenti e fermate più delicate».
I due rappresentanti degli studenti che erano presenti, poi, hanno chiesto «di aprire un tavolo di discussione che comprendesse la Tep, il Comune, la Prefettura e nostri rappresentanti – dice uno dei due delegati degli studenti presenti –. Ci ha risposto di no. Ci ha concesso solo di rendere pubblico l’incontro in programma per giovedì prossimo (a mezzogiorno) tra Prefettura, Tep e Provincia. Ci aspettavamo di più e, soprattutto, non ci è piaciuto per niente la colpevolizzazione che ha fatto degli studenti: secondo lui, infatti, creano assembramenti sugli autobus e bisognerebbe responsabilizzarli. Per noi è chiaro che il tema fondamentale non è quello ma l’impegno economico da parte delle istituzioni che renda i trasporti adeguati alle condizioni di emergenza attuali»
Insomma, non si può dire certo una vittoria. Ma la battaglia, tutta politica, sulla centralità dell’istruzione è ancora da giocare e forse stavolta si è aperta davvero.