di Petra Colombo
“I can’t breathe”. Non poteva avere nome diverso il presidio di solidarietà a George Floyd che si è tenuto ieri pomeriggio, dalle 18.00, in piazza Garibaldi. Erano in tanti, tutti con la mascherina e a debita distanza. Soprattutto ragazze e ragazzi molto giovani, convocati per un presidio di solidarietà antirazzista da numerosi collettivi e associazioni cittadini (gli organizzatori dell’evento su Facebook sono Collettivo La Rage, Link Studenti Indipendenti, Art Lab, Post, Rete Diritti in Casa, Associazione Enigma, Udu, Parmantifascista 2.0, Fridays For Future, Info Movimento Parma).
Numerosi i cartelli e gli slogan come “No Justice, No Peace” e “Black Lives Matters”, sull’onda delle proteste che stanno investendo gli Usa, dopo l’omicidio di Floyd da parte di un agente di polizia a Minneapolis. La mobilitazione ormai è trasversale, sempre più internazionale, e vede la violenza razzista come un problema che non riguarda certo solo gli Stati Uniti.
Lo dimostrano anche gli interventi che si sono succeduti ieri al microfono sotto il Comune: parole che puntano il dito sul razzismo dilagante anche in Italia, soprattutto nella vita quotidiana di tanti cittadini che, se hanno la pelle “un po’più scura”, si trovano ad affrontare discriminazioni fin da bambini, dalle scuole fino ai luoghi di lavoro. Violenze a sfondo razzista a volte sottili (una ragazza porta un cartello “Però sei bella, per essere nera!”), a volte più esplicite, quando non istituzionali.
Tra gli applausi, si chiede al governo di non limitarsi a inginocchiarsi simbolicamente, ma di agire concretamente per legiferare, questa volta in modo ampio ed efficace, a favore di misure come lo Ius Soli e contro lo sfruttamento del caporalato. Si chiede di riconoscere pari dignità a tutti i cittadini, perché nessuno sia escluso o debba sentirsi straniero a casa propria. Ma ieri la protesta è andata oltre allargandosi a qualsiasi tipo di discriminazione, portano anche le istanze della comunità LGBTQ*, dei sindacati operai e dei movimenti ambientalisti.
Non erano pochi i “volti noti” delle manifestazioni e dell’attivismo cittadino. Ma pur sostenendo l’iniziativa, hanno sentito il dovere di fare un passo indietro, per lasciare lo spazio ad una generazione che sulla propria pelle sta già vivendo una realtà molto più meticcia e solidale di quella che le norme descrivono. E che chiede di essere vista, ascoltata e riconosciuta.
Il momento più emozionante è stato il lungo silenzio di 8 minuti, gli stessi che il poliziotto americano ha impiegato per soffocare George Floyd, in cui tutta la piazza si è inginocchiata con il pugno alzato.