Sprofondo arancione: pronti a tornare in Dad?

da Priorità alla Scuola

In varie zone d’Italia di nuovo le scuole di ogni ordine e grado vengono chiuse in base a ordinanze locali, e noi daremo di nuovo, ancora, sempre battaglia: siamo indignati dal vedere che la scuola chiude, di nuovo, ancora, sempre, mentre tutto, intorno, resta aperto. Puntuali come l’anniversario della prima chiusura delle scuole, il 24 febbraio 2020. Ricominceremo, subito, le proteste degli zaini, le lezioni all’aria aperta, le lezioni della Didattica a distanza seguite davanti alle scuole che non aprono le porte agli studenti e alle studentesse.

Assistiamo oggi all’ennesimo sfregio alla Costituzione, al diritto all’istruzione, ai e alle minorenni di questo Paese; con autentico rammarico prendiamo atto che era del tutto giustificata la nostra freddezza di fronte alle dichiarazioni in materia di scuola del governo appena entrato in carica. Per qualsiasi governo, evidentemente, la scuola e il diritto all’istruzione sono sacrificabili, senza timore di sentirsi chiedere in cambio «ristori». Non ci resta che difenderli mobilitandoci ancora: rilanciando da subito la protesta degli zaini e della Didattica a distanza seguita davanti alle scuole, in presenza; lanciando nuove manifestazioni in marzo.

Per chiudere le scuole di ogni ordine e grado si inventa una trovata che – se non fosse l’ennesimo sfregio – meriterebbe di essere accolta da una risata: l’arancione «scuro» – con uso creativo del pantone – o l’arancione «rinforzato» – con la stessa serietà con cui il conte Mascetti annunciava il “rinforzino” alla moglie e alla figlia. Ecco la trovata che permette di fare quello che il DPCM in vigore non permette nemmeno nelle zone classificate come rosse, cioè la chiusura completa di tutte le scuole, di ogni ordine e grado. Siamo sicuri che non mancheranno di normare tutta la paletta dei colori.

Siamo costretti a rilevare ancora una volta che l’interruzione dell’accesso all’istruzione è decisa sulla base di un assioma mai dimostrato: si proclama che i dati dei contagi – anche se nessuno li fornisce in modo oggettivo – sono in crescita, che le terapie intensive sono al collasso, per arrivare alla conclusione che le scuole rappresentano un veicolo di trasmissione del virus e pertanto vanno chiuse con effetto immediato. La chiusura delle scuole è in realtà la solita facile scorciatoia per compensare la mancata chiusura di altri settori.

Occorre ricordare ancora, dopo i dodici mesi trascorsi, che a pagare per la chiusura delle scuole, dalle elementari alle superiori, sono bambini-e e adolescenti, donne e genitori chiamati a riorganizzare su due piedi la loro vita, a vivere una perenne incertezza? Occorre ricordare che a pagare le conseguenze maggiori sono i soggetti più fragili, chi non ha connessioni veloce, o strumenti tecnologici e cognitivi adeguati, o contesti familiari favorevoli? Occorre ricordare che c’è un Paese intero provato da dodici mesi vissuti in questo modo?

È invece sicuramente il caso di ricordare che siamo ancora in attesa del miglioramento, in tutta Italia, del sistema di tracciamento nelle scuole, della creazione di screening costanti a campione, del potenziamento dei trasporti, dell’accelerazione del piano vaccinale per il personale docente e non docente delle scuole al fine di tutelare il regolare svolgimento dell’attività didattica in presenza.

Priorità alla Scuola denuncia anche il silenzio del nuovo governo, richiamandolo al suo ruolo, pur consci come siamo consci che la nomina dei sottosegretari è compito che sottrae grandi energie e risorse. Ci aspettiamo che il Ministro Patrizio Bianchi, così solerte nelle dichiarazioni al momento dell’ingresso in carica, ora spenda almeno qualche parola per stigmatizzare la facile scorciatoia della chiusura di tutte le scuole adottata da molti amministratori locali di fronte all’aumento dei contagi.

Ci aspettiamo che il nuovo governo si pronunci subito per porre fine alla gravissima differenziazione locale in materia di istituzioni scolastiche, che il precedente esecutivo aveva fatto finta di ignorare, e che invece i TAR avevano dovuto rilevare, con le loro sentenze che annullavano le ordinanze di chiusura regionali.

Le cose che i nostri governi, uscente e entrante, hanno in comune sono 4850, ma oggi ce n’è soprattutto una a colpirci: al netto della retorica, chiudono le scuole, con la stessa puntualità, con la stessa prevedibilità, con la stessa miopia, con la stessa stoltezza.

Per questo ci mobiliteremo ancora a marzo, con una manifestazione nazionale che si svolgerà nei modi che in quel momento saranno consentiti. Torneremo a ribadire le nostre richieste più urgenti:

– fare in modo che questo anno scolastico si chiuda in presenza, sul serio;

– fare in modo che la revisione dei criteri di composizione delle classi diventi il principale obiettivo del nuovo Ministro dell’Istruzione; scongiurare definitivamente le cosiddette «classi pollaio», ovvero avere classi con meno studenti-esse, è cruciale per la sicurezza e il miglioramento della didattica;

– fare in modo che il Recovery Fund sia utilizzato, e la spesa dello Stato sia incrementata in modo strutturale, per un autentico rilancio della scuola pubblica, secondo le linee che abbiamo già presentato a inizio febbraio.