di Michela Cerocchi*
Ieri sera, in piazza Garibaldi, molte associazioni e collettivi del movimento transfemminista hanno organizzato un presidio in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne e di genere. Di seguito pubblichiamo l’intervento di Michela Cerocchi della Casa delle donne [ndr].
Siamo qui insieme in piazza per portare la nostra voce e quella di chi una voce non ce l’ha più. Purtroppo ogni anno i dati dei femminicidi e delle violenze di genere non tendono a diminuire. Ogni 3 giorni una donna viene uccisa per mano dell’ex, del compagno, del marito o di un uomo a lei vicino. E a subire questa violenza di genere non sono solo le donne ma tutte quelle soggettività LGBTQ+ che vengono offese, discriminate e uccise. Nel 2021 sono stati 108 i femminicidi e trans*cidi, per il 2022 a inizio novembre si è già toccata la quota di 91.
Abbiamo quindi deciso di portare in piazza tutti questi nomi, per ricordarci che le nostre vite non sono solo numeri, che non possono passare in secondo piano rispetto a una cultura patriarcale che sembra soffocarci.
Abbiamo deciso di scriverli su questi fazzoletti rossi e fucsia, fazzoletti simbolo del lutto e del pianto, ma anche simboli di lotta come i fazzoletti bianchi delle donne di plaza de mayo. E questi fazzoletti con questi nomi sono stati lasciati stamattina davanti alle scuole e saranno lasciati qui, in piazza in uno spazio pubblico, per ricordare a tutti e tutte che la violenza non è una questione privata o familiare, ma è un problema politico che affonda le sue radici nella società patriarcale che ancora tenta di opprimerci.
E però dobbiamo ricordarci che non siamo vittime, non siamo deboli, non siamo fragili, ma capaci di mettere in atto un’altra forza, opposta alla violenza. Quella che la narrazione standardizzata chiama vittima è in realtà una sopravvissuta, è una persona che ha imparato sul suo corpo e sulla sua anima, ed è perciò sapiente. Una sapienza che viene dall’esperienza, una sapienza potente che sa indicare la strada alle altre.
Vogliamo presentarci così in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne come amazzoni e guerriere. I femminismi ci hanno insegnato ad avere uno spirito guerriero, che non ha nulla a che fare con quello militare che manda altri corpi al macello, lo spirito guerriero femminista taglia trasversalmente il campo di battaglia, rompe gli schemi, destabilizza il nemico. La guerriera è colei che sa costruire alleanze che servano a tutte.
Crediamo che ricordarcelo sia fondamentale così come lo è darci forza tra noi, infonderci sicurezza, sostenerci a vicenda, riempire le piazze, ripeterci e dimostrarci che non siamo solз. Sappiamo che le forme della violenza sono tante, troppe e che per combatterle dobbiamo prima di tutto diffondere consapevolezza e creare condizioni di parità e di sostenibilità per le donne. Sappiamo che i femminicidi sono solo la punta di un iceberg che galleggia su un mare di relazioni tossiche.
Sapere riconoscere le relazioni tossiche è un importante passaggio. Dirci che se proviamo paura, vergogna, imbarazzo, se ci sentiamo sminuite e controllate, se ci vediamo togliere i nostri spazi di libertà allora siamo dentro ad una relazione che può essere tossica. E questo è il primo passo per darci forza, per uscire dalla violenza.
Siamo qui per ribadire che la violenza di genere non è un’emergenza del momento, non ha classe sociale, etnia o età. È uno strumento di controllo di quella cultura patriarcale in cui siamo ancora immersз e che spesso non riusciamo a vedere.
Siamo qui per le nostre sorelle iraniane, per le sorelle curde, per tutte le donne che stanno subendo guerre e conflitti sulla loro pelle, siamo qui per quelle che tengono stretto il mazzo di chiavi di casa e per quelle che a casa non ci vorrebbero tornare.
Siamo qui per dirci che uscire dalla violenza si deve, uscire dalla violenza si può.
* Casa delle donne di Parma