di Marco Severo
Parma, 2025. Località imprecisata a est della città, campagna aperta. È una mattina molto calda e appiccicaticcia, un trattore sparge letame poco lontano. Gli addetti stampa si affannano a cercare l’inquadratura buona con un drone, mentre i giornalisti schiacciano i tafani con le 37 pagine del rendering. Quando finalmente scroscia l’applauso (un crepitio flemmatico eppure liberatorio), gli smartphone si fanno sotto per raccogliere le dichiarazioni di rito. “Oggi è una data storica per Parma – proclama l’uomo con il nastrino e le forbici – con la posa di questa pietra la città riparte e torna a essere competitiva”. Una motosega rabbiosa ruggisce tra i campi. “Contro il ‘popolo del no’ – prosegue l’oratore – in un mondo in cui tutti costruiscono muri, noi, seguendo peraltro l’esortazione del Santo Padre, continuiamo a costruire ponti”.
A tre anni dalla rielezione, Pietro Vignali appare in splendida forma. I sondaggi lo indicano stabilmente come il sindaco più amato dagli italiani. Il “Sole24ore” ha posto Parma prima in classifica per qualità della vita. A Parma si mangia molto bene, le donne sono brave e belle e, infatti, nei comunicati stampa l’Amministrazione usa sempre la “ә”. Già nel giugno 2022, dopo il ballottaggio vinto a sorpresa contro Michele Guerra – il quale tra primo e secondo turno prese improvvisamente a pubblicare su TikTok balletti e canzoni di Rovazzi, oltre a confessare che da anni si sfondava di cinepanettoni (laddove, si noti, Vignali otteneva su Facebook l’amicizia di Giovanni Truppi) – ecco, già a poche ore dall’insediamento in municipio del Vignali 2, Parma era tornata a essere una città europea. Tutti, inoltre, ci sentivamo più sicuri a uscire di notte. Non aspettavamo altro, ammettiamolo.
Fu una specie di catarsi carpiata. Dopo gli anni della quaresima pizzarottina, dei monopattini elettrici e delle conferenze stampa in jeans, la Parma bella-senza-trucco tornava finalmente al fondotinta e alle autoreggenti, al rossetto sulle sigarette con la tosse catarrosa. Sotto i Portici del grano celebrammo la ricomparsa delle Mercedes con gli chauffeurs cotonati e mettemmo “mi piace” alla nomina di Valeria Marini assessore ai Lavori pubblici (con delega alla Toponomastica). Le eccellenze del nostro territorio guadagnavano molte visualizzazioni su TgCom24 e altrettanti punti di share su Rete4, mentre il nuovo brand “aria di Parma” conquistava i mercati mondiali.
L’aeroporto Verdi, sul quale abilmente Vignali mantenne una posizione fluida in campagna elettorale, fu oggetto di un esperimento di politica “fusion” che seppe combinare sostenibilità ambientale e moderno civismo barattando l’atterraggio degli aerei a targhe alterne con il nuovissimo volo Parma-Reggio, quest’ultimo inteso quale atto di revanscismo mediopadano. Infine tutti tornammo a dissertare amabilmente di Stt, Stu, Spip, oneri di urbanizzazione, monetizzazione e privatizzazione. Le Baby gang, ora, si prendevano a bottigliate per motivi seri.
Certo la rivincita della politica tardo-paninara, pur celebrata da una serie di intelligenti editoriali de “il Foglio”, produsse qualche effetto collaterale. La rielezione fantascientifica di Vignali, infatti, producendo un raro scompenso nell’ordine spazio-temporale dei flussi storici generò una sorta di gorgo della materia tale per cui al ritorno del “modo di vivere” in salamoia corrispose il ripetersi di tutta una serie di eventi del calendario 2007-2011. A poche settimane dalla presentazione della nuova Giunta parmigiana nel 2022, pertanto, rinacque in Italia il Partito democratico con un dinamico Walter Veltroni alla guida della prima leggendaria campagna elettorale. E mentre a Parma tornava in edicola “l’Informazione” in simpatica concomitanza con il raduno nazionale degli Alpini, la Fiat Multipla usciva malinconicamente dalla produzione. Francesco Giorgino ascendeva al soglio di conduttore serale del Tg1 e Kim Jong-un accendeva la prima miccetta tra i risolini dei generali col cannocchiale. Quindi rivennero gli Indignados, di nuovo Beppe Grillo sul canotto arancione e Michelle Hunziker a Sanremo, i bit-coin e la “Waka waka” in un eterno “Ricomincio da capo” alla Bill Murray. Fino, appunto, a questa calda mattinata nei campi di Parma est, con il drone che ronza sulle teste dei cronisti precari dalla schiena sudata.
“E non mi si venga a dire che non c’è il fiume” sta dicendo ora ai microfoni Vignali, che da quando è tornato in Comune sembra più grintoso. Il centrodestra, dopotutto, ha abbandonato remore e infingimenti. Sono finiti i tempi in cui incassava impacciato le battutine sul Ponte sud e sul Ponte nord belli “ma dov’è l’acqua?”. Adesso, con la conquista del terzo punto cardinale della città, l’est appunto, la prosopopea della comunicazione municipale si è sublimata in una ostentazione superba della fantasia al potere, nella rivendicazione di una visionarietà che vola metri al di sopra della lagna dei progressisti (?) all’opposizione. “Intanto facciamo il ponte, al fiume ci lavoreremo!”, conclude inforcando un paio di Rey-Ban e soffiando un palloncino beffardo con le Big Babol panna e fragola. Poi il suo smartphone squilla (suoneria “Club Tropicana” degli Wham) e lui mostra il display con la scritta “Santo Padre”. Si scusa, saluta e dirigendosi verso la Mercedes risponde: “Silvio carissimo! Certo, sto arrivando, te intanto fai le squadre”. Da questa campagna merdosa saranno appena dieci minuti al campo da padel.