di Giacomo Montagna*
Ieri è stato sgomberato e abbattuto l’ex Palapifferi in via Ceno, da anni rifugio per migranti e senzatetto della città. Era mattina presto e, a sorpresa, decine di poliziotti in tenuta antisommossa, vigili urbani, carabinieri e Digos hanno sfondato la porta, per poi buttare fuori persone e oggetti senza distinzione. Così si è potuto procedere alla demolizione del palazzo. Di recuperare gli effetti personali, figurarsi, neanche a parlarne, come ci hanno spiegato due ragazzi che in quell’edificio di via Ceno trovavano rifugio.
Il decoro, qualsiasi cosa voglia dire, prima di tutto. Com’è possibile che una città ricca come Parma non trovi soluzioni per chi è in situazione di disagio come questa, che accetti la cosa voltandosi dall’altra parte e poi la sfrutti a favore di telecamere con la retorica anti-degrado?
Le uniche risposte ai bisogni di chi è in estrema difficoltà economica, sanitaria e sociale, sono multe, sgomberi e Daspo urbani. Le fragilità, quindi, sono sistematicamente emarginate, criminalizzate, eliminate. Nessun programma, nessun ricollocamento. L’amministrazione sembra non preoccuparsi della salute delle persone, l’unica cosa importante è questo fantomatico decoro: sul suo altare si sacrificano anche gli ultimi appigli su cui può aggrapparsi chi non ha più niente.
Il “degrado” di quel rifugio era diventato inaccettabile e così, in pieno inverno e durante un’emergenza sanitaria mondiale senza precedenti, le persone che lo usavano sono state sistemate: ora sono libere di dormire al freddo, senza un letto, senza un bagno né condizioni minime di igiene, libere di essere multate dopo il coprifuoco (non avendo una casa), di ricevere un Daspo inutile, nel migliore dei casi forse di venire indirizzati a qualche dormitorio già al completo. A saper guardare, senza voltarsi dall’altra parte, di situazioni come questa Parma è piena.
Abbiamo visto con rabbia la soddisfazione degli assessori Casa e Alinovi, intervistati durante la demolizione, la loro foto in posa con la ruspa e, nonostante i toni rassicuranti, non ci vuole molto ad accostarli a un Salvini qualunque che urla “a casa loro”. Anche l’assessore al welfare, Laura Rossi, ha commentato l’episodio, evocando la necessità di una migliore progettualità e forza nei percorsi per l’accoglienza e le marginalità sociali. Ma a soluzioni reali non ha fatto neanche un accenno, anzi: il 29 dicembre verrà chiuso uno dei pochi dormitori in città, lasciando in strada anche le persone che andavano lì a dormire. Come se non bastasse, nei primi mesi dell’anno sono già stati annunciati più di una decina di sfratti ai quali si aggiungeranno presto altri.
E buon Natale.
*Attivista di Art Lab Occupato