da Rete Diritti in Casa
Sabato 31 ottobre, alle 15,30 saremo in presidio per il diritto alla casa presso l’edificio verde diroccato vicino all’incrocio fra via Trento e via Venezia (Parma). Alla fine di quest’anno, infatti, scadranno, salvo proroghe, due provvedimenti messi in atto dal governo per calmierare gli effetti devastanti della crisi sanitaria ed economica della pandemia Covid 19: il blocco degli sfratti e la sospensione dei licenziamenti.
L’inizio del 2021 rischia di dare il via a un massacro sociale. Questo rischio è più che concreto considerato che sia Confindustria che Confedilizia stanno operando sul governo per evitare che i provvedimenti “tampone” contro sfratti e licenziamenti siano procrastinati. Vista la situazione di profonda crisi economica innescata dal Covid-19 c’è il concreto rischio che le aziende licenzino tantissimi lavoratori e che agli sfratti già in fase esecutiva si aggiungano quelli dei tanti inquilini che non riusciranno più a pagare affitti a prezzi di mercato insostenibili
Avevamo sperato che la pandemia potesse almeno aprire gli occhi a tutti rispetto alle enormi disuguaglianze del sistema economico capitalistico e all’inefficienza del settore privato nel perseguire il benessere collettivo. Invece non si è visto nessun cambio di orientamento. Non ci sono stati sufficienti investimenti nella sanità, nella scuola e nei trasporti pubblici.
Nessun cambio di indirizzo neanche nel settore degli alloggi: anche qui domina il mercato e durante la pandemia il costo degli affitti non si è affatto ridotto. Si prepara in compenso una valanga di sfratti che non potrà essere contenuta dalle politiche pubbliche sulla casa, visto che sono inesistenti da decenni.
Per affrontare la crisi e per ridurre le drammatiche disuguaglianze sociali, in Italia come altrove si sarebbe dovuta applicare un’imposta patrimoniale per andare ad intaccare le ricchezze di chi ha troppo, per una più equa redistribuzione. Si è preferito invece ricorrere al Recovery Fund Europeo da 208 miliardi (che Confindustria sta cercando di orientare verso i propri interessi, quali grandi e inutili opere infrastrutturali), costituito in gran parte da prestiti che dovranno prima o dopo essere restituiti a colpi di tagli alle spese sociali, privatizzazioni e aumento della precarietà lavorativa. Un costo che ricadrà sempre sulle spalle dei lavoratori e delle parti più deboli della popolazione.
Occorrerebbe per lo meno che quei soldi fossero orientati a progetti per affrontare le emergenze sociali; per quanto riguarda il problema della casa, servono con urgenza soluzioni abitative strutturali, di massa e a prezzi popolari. L’esigenza di alloggi a canone sociale è evidente, come si evince dal numero di domande presentate per il bando Erp e che troveranno risposta solo per una piccola percentuale. Le case, gli alloggi, ci sarebbero in realtà già per tutti, basti pensare al numero spropositato di edifici vuoti che ci sono ad esempio in un quartiere come San Leonardo. Tragicamente vuoti, solo per citarne alcuni, sono l’edificio di Unicredit di via Cagliari e gli appartamenti di Via Trento, sgomberati in fretta e furia qualche anno fa dopo essere stati occupati da famiglie senzatetto. Oltre a questi vi sono decine di altri edifici ed ex stabilimenti che potrebbero essere recuperati ed adattati ad uso alloggiativo senza dover andare a consumare altro suolo ed evitando così le situazioni di degrado. Per arrivare a questo occorre cominciare ad intaccare la sacralità del profitto e della rendita, tassando e requisendo le proprietà inutilizzate, specialmente quando appartengono a banche e ricchi possidenti.
Per giungere a qualche risultato, nel campo abitativo così come in qualsiasi ambito sociale e lavorativo, risulta evidente che occorre avviare una grande stagione di lotte sociali, da troppo tempo assenti nei nostri territori, connettendo tra loro i movimenti di lotta sul posto di lavoro con le lotte per il diritto all’abitare, le lotte a difesa dell’ambiente con quelle anti-sessiste, antirazziste e contro la repressione.