da Potere al Popolo Parma
È passato più di un mese dall’inizio del famoso lockdown. Più di trenta giorni, in cui tutti ci ritroviamo rinchiusi in casa collaborando quanto più possibile ad arginare la diffusione del virus Covid 19. In questo mese abbiamo ascoltato continuamente gli appelli del governo a rimanere a casa, ma in questa lunghissima quarantena i pensieri e le paure sorgono, si alimentano e si fanno sempre più grandi. Dalla preoccupazione di non rivedere i propri cari alla paura di non ritrovare garantito il proprio posto di lavoro, c’è anche il grosso dubbio di come faremo a vivere e a sostenere spese che negli ultimi anni sono sempre più cospicue e invasive.
In Italia, prima dell’esplosione della pandemia e della crisi economica in cui ci troviamo, 1,2 milioni di famiglie hanno pagato fino ad oggi un affitto che incideva per il 40% sul reddito complessivo. Numeri da capogiro che coinvolgono, oltre a tante famiglie, lavoratori e lavoratrici autonome in partita Iva, a tempo determinato, in nero, studenti e studentesse universitarie e migranti. Giorni passati da più di un milione di persone con l’angoscia di sapere di non riuscire più a pagare un affitto o le utenze.
In questo Paese il tema del diritto all’abitare è sempre accantonato, mentre la maggior parte dei fondi dai ministeri competenti vengono direzionati verso i conti corrente di grossi imprenditori immobiliari e palazzinari. Anche le misure dell’ultimo Dpcm vanno in quella direzione e, mentre si intende mettere sul piatto centinaia di miliardi di euro per imprese e Confindustria, per i più bisognosi sono stati stanziati soltanto 46 milioni con decreto dalla ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli. Briciole che vengono destinate soltanto ad intervenire per morosità conclamata e sfratto intimato.
Come per il tema del reddito, sono escluse da ogni forma di tutela generazioni di precarie e precari che da questa quarantena usciranno più impoveriti e senza garanzie sociali. Per loro il governo ha messo a disposizione soltanto l’utilizzo del modulo 69, un accordo che va contrattato in maniera individuale con il titolare di casa e che quest’ultimo non è tenuto ad accettare obbligatoriamente. Il modulo prevede una riduzione del canone d’affitto per alcuni mesi e la riduzione delle imposte che pagano i proprietari sull’importo del canone: in pratica lasciano nelle mani dei proprietari di casa, spesso palazzinari o imprese di costruttori, il destino di queste persone.
Come per l’apertura delle fabbriche fortemente voluta da Confindustria, anche per il tema della casa la nostra salute, tranquillità mentale e futuro rimangono nelle mani dei potenti di questo Paese, che in combutta con i nostri politici hanno continuato in questi anni ad arricchirsi sulle nostre spalle.
Ad un’emergenza eccezionale come queste servono misure eccezionali:
– blocco degli affitti, del pagamento delle utenze e soluzioni abitative per tutti.
– elargizione del Reddito di emergenza incondizionato per tutti coloro che hanno perso reddito o sono senza lavoro, che preveda un’integrazione specifica a sostegno delle spese per l’abitazione, e che possa comprendere anche chi, per necessità, si è rivolto al mercato nero dei posti letto
– un provvedimento specifico che impedisca di intimare sfratti per le morosità accumulate durante l’emergenza sanitaria.
Inoltre, finita l’emergenza, sarà doveroso:
– un controllo sul mercato immobiliare abrogando la legge 431/98 per fermare il libero mercato degli alloggi
– l’introduzione di un canone equo per gli alloggi di civile abitazione
– un piano di incremento e miglioramento dell’edilizia residenziale pubblica
– la tassazione con aliquote specifiche delle forme di locazione inferiori ai 30 giorni (B&B), maggiorate rispetto a quelle previste per le locazioni di durata superiore
– la destinazione delle risorse all’incremento dell’offerta abitativa pubblica.