da Potere al Popolo Emilia-Romagna
C’è un’azienda in Italia che si chiama Italpizza. Produce pizze preconfezionate che distribuisce in tutto il mondo. È una grande impresa. Un gigante dell’industria alimentare con sede in località San Donnino, vicino a Modena. Fattura 127 milioni di euro all’anno ed esporta in 55 paesi. Ci lavorano soprattutto donne, la maggior parte immigrate.
E, per fortuna, ci sono persone come Giovanni Iozzoli. Scrittore, giornalista e sindacalista, ha denunciato in un penetrante articolo pubblicato su Carmilla Online quanto accade da alcuni mesi a Italpizza, ossia che la produzione è assicurata dai reparti armati della celere, messi cortesemente a disposizione dal questore di zona. “Il presidio poliziesco pressoché permanente, – scrive Iozzoli – il sistema sanzionatorio, la sicurezza interna e un clima pre-bellico, rendono Italpizza un’azienda sostanzialmente militarizzata, come capita alle industrie strategiche in tempo di guerra. Gas tossici, mazzate, denunce, gipponi lampeggianti, provvedimenti disciplinari, licenziamenti.” E Iozzoli non fa che descrivere quanto ha visto con i propri occhi, avendo preso parte ai picchetti davanti ai cancelli dell’impresa, nonostante il suo sindacato di appartenenza non avesse ancora espresso una posizione di lotta.
Tutto questo non avviene in una fabbrica in crisi di commesse o che minaccia licenziamenti di massa. Qui gli affari girano a gonfie vele: la pizza tira. Il problema, quindi, è di altra natura e sta nello scontro tra operaie, che rivendicano il riconoscimento del contratto da alimentarista, e l’azienda che, grazie al sistema degli appalti alle cooperative, aggira la normativa impiegandole con un contratto multiservizi, riuscendo così a pagare salariali inferiori per margini di profitto più alti.
Ebbene, ora i padroni dell’azienda alzano il tiro. L’amministrazione di Italpizza ha deciso di allargare lo scontro querelando Iozzoli per diffamazione. Non gli basta avere a disposizione la Celere, poter contare sul favore delle istituzioni, conquistare il consenso con sovvenzioni a partiti e associazioni o, ancora, spostare lo scontro dalla protesta collettiva alle denunce personali contro i lavoratori più in vista. Ora il bombardamento delle intimidazioni deve colpire anche chi cerca di fare informazione vera su questa assurdità.
Esprimiamo a Giovanni Iozzoli tutta la nostra solidarietà. L’arroganza del potere non fermerà la volontà di contrastare il sistema del profitto. Al contrario, funzionerà ancora una volta da concime per le ribellioni future.