di A. F.
Alla fine, hanno parlato anche loro: i giovanissimi saliti agli onori delle cronache cittadine per alcune “intemperanze”. E l’hanno fatto in un incontro informale, organizzato da qualche adulto desideroso di capire cosa succede in piazzale Pablo e di cercare possibili soluzioni. Si forma un capannello, bambini dagli 8 anni fino a ragazzini di 14 e un gruppetto di “grandi”. La domanda è semplice: «Voi cosa vorreste?».
«Io voglio giocare», risponde il primo. E subito dopo: «vogliamo giocare a calcio». Qualcuno scherza: «Io vorrei gelati gratis», e ancora «Io un kebab!». Risate… A vederla da vicino, non sembra poi così pericolosa, la “baby gang”. Spiegano che vorrebbero giocare a pallone nel campetto dietro la chiesa. «Prima ci facevano giocare, ma da quando c’è questo prete non possiamo più andarci». E aggiungono: «Anche quando giochiamo qui, davanti alla chiesa, ogni tanto esce un ragazzo che ci manda via».
Robe da non credere, i bambini vorrebbero giocare! Non è che, forse, hanno ragione loro? Gli viene spiegato che i comportamenti con cui hanno protestato non portano a nulla di buono, anzi li mettono in cattiva luce finendo col penalizzarli. Sembra che capiscano, quasi si scusano, qualcuno incolpa i più grandi. «Hanno 15-16 anni, noi qua siamo tutti bravi». Si dice sempre così. Intorno a noi, decine di ragazzi giocano come al solito, se non fosse per le macchine dei carabinieri poste agli angoli del piazzale, la camionetta sul sagrato, la macchina della municipale, la comandante dei carabinieri in persona affiancata da un altro graduato.
«Venerdì ci hanno messo tutti in fila contro il muro e ci hanno chiesto i documenti» mi dice uno della “gang”. Nel mentre, noto alcuni agenti della Digos, poco distanti. Uno di loro filma. Sì, riprende tutto: il colloquio con i bambini, i bambini che giocano a calcio, i bambini che tirano dritto forse spaventati dalla polizia nel piazzale. Mi chiedo se sia normale e se non si farebbero qualche scrupolo in più se questi fossero i figli di qualche professionista. Ci sono anche i giornalisti, una fotografa scatta a distanza con il tele-obbiettivo, come si fa con i boss.
Insomma, c’erano proprio tutti. O quasi. In effetti, mi sarei aspettato di vedere il prete. Avevo intuito che non fosse un Don Milani ma speravo non fosse proprio un Don Abbondio. Tanto timido e timorato con questi giovani, quanto prodigo di parole con i media locali. Lo ritroverò più tardi ripetere la sua litania su maleducazione e teppismo in quartiere su Tv Parma…
Ci congediamo dai “monelli”, la promessa è quella di provare a parlare col Don, per cercare una possibile mediazione. Saluto anche io, in uno scenario surreale da Belfast ed nuetor, tra genitori e nonni che si guardano attorno straniti dalla militarizzazione. Qualcuno sembra compatire, altri simulano indifferenza o, forse, è rassegnazione. Alcuni commercianti e residenti, invece, chiacchierano con i militari. È questa l’unica risposta che le istituzioni sanno dare a qualsiasi tipo di problema nel nostro paese? La polizia? Da venerdì il piazzale è presidiato, oggi conto oltre 20 agenti.
Comincio a pensare male, a credere che questa faccenda venga ingigantita appositamente per mandare via questa giovane plebaglia. O forse no, devo smetterla di fare il complottista. Il caso vuole, però, che proprio lunedì sono stati approvati dei progetti di riqualificazione in città, uno dei quali riguarda piazzale Pablo, centinaia di migliaia di euro per rifarlo. Come sarà il nuovo piazzale non si sa di preciso, ma nel progetto presentato l’anno scorso di spazio per giocare a pallone o giochi per bambini nemmeno l’ombra. Del resto, è una consuetudine riqualificare zone di città senza chiedere a chi ci vive di cosa abbia bisogno. L’importante è fare una cosa bella da vedere, moderna e che soprattutto aumenti il valore immobiliare. Iniziano solitamente così le deportazioni “dolci” degli abitanti dei quartieri popolari, mandati via a poco a poco dall’aumento degli affitti, che fanno seguito a queste riqualificazioni calate dall’alto o fintamente partecipate.
Nella nuova piazza, la manager porterà a spasso il suo golden retriever non prima di aver bevuto il suo mokaccino, il direttore di banca comprerà il filetto di chianina e il commerciante poco lungimirante sarà soddisfatto. Ma per poco, perché anche lui presto dovrà lasciare il posto a qualche catena di abbigliamento o a qualche lounge bar fighetto, non si illuda. “A pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina”, diceva qualcuno.