da Redazione
Ha generato grande scalpore la notizia che il salone dell’automazione Mecspe verrà trasferito nel 2021 a Bologna. La decisione era nell’aria da tempo ma subito sono partite le interrogazioni al Sindaco di tutte le componenti del consiglio comunale. In sostanza, due sono le problematiche che sembrano sottostare alla decisione e su cui tutto l’arco politico reclama risposte.
Vediamo la prima. Le ambizioni di crescita della manifestazione promossa da Senaf, che all’ultima edizione ha totalizzato oltre 2.300 espositori e più di 56mila visitatori professionali, non possono più essere contenute dal gruppo fieristico di Parma, che dispone di “appena” 65mila metri quadrati di superficie espositiva contro gli attuali 110mila dei padiglioni di Bologna Fiere, destinati a salire a 140mila con gli investimenti per l’ampliamento, previsto tra il 2022 e il 2024. In parole povere, Mecspe nel corso degli anni è cresciuta molto: sono aumentate le richieste degli spazi espositivi e quelli disponibili a Parma non sono più sufficienti a contenere tutti gli espositori. Per il Sindaco questo è molto grave. La città, secondo lui, deve avere una vocazione internazionale, capace di competere con i colossi italiani ed europei: “Milano e Bologna dice ne hanno di più, ecco: noi non possiamo essere da meno.” Ne consegue che Parma se vuole davvero competere con Bologna dovrebbe più che raddoppiare i padiglioni e gli spazi espositivi attuali.
Chiunque abbia avuto la curiosità di visitare qualche manifestazione fieristica, ha sicuramente notato che Fiere di Parma è stretta tra un grande centro commerciale, in fase di costruzione, e lo stabilimento di Coppini, che produce olio. E quindi è impossibile espandersi a est e a ovest. Dietro, a nord, purtroppo si distende l’autostrada del sole. L’unica possibilità di espansione rimane quindi a sud, verso la città. Qui ci sono ancora molti terreni vergini, destinati attualmente a coltivazioni agricole. Sono tutti di proprietà e se la fiera volesse occuparli occorrerebbe procedere all’acquisto, a costi non certo esigui, o all’esproprio per permettere una grande centralizzazione dei capitali. Chi dovrebbe espropriare? Il Comune. Chi dovrebbe farsi carico dei costi? I cittadini di Parma. Chi beneficerà dei profitti eventuali? Gli azionisti di Fiere di Parma, il Credit Agricole in primis e gli industriali che insieme detengono ormai la maggioranza delle quote di Fiere Parma dopo che Comune e Provincia si sono sbarazzati di oltre il 27% del capitale azionario. Stiamo parlando di stime dell’ordine di miliardi di euro e non di milioni.
Chi blatera di investimenti faraonici per competere con Milano o Bologna, città di oltre un milione di abitanti (mentre Parma arriva appena a 180 mila), vive in un mondo tutto suo, dove i cavalli volano, hanno un corno in fronte e per viaggiare i cittadini si avvalgono di tappeti che consumano solo aria compressa.
Ora vediamo la seconda problematica. La rete della viabilità che porta alla Fiera e le aree di sosta non reggono l’assalto dei veicoli diretti alle mostre. Abbiamo già scritto, in un precedente articolo, riguardo alle conseguenze disastrose sulla viabilità dovute a scelte organizzative quanto meno discutibili, che hanno portato gravi disagi alla circolazione in occasione dell’ultimo salone dell’automazione. Abbiamo anche sottolineato che non si può chiedere di stravolgere tutta la viabilità e spendere milioni di euro della collettività per sette giorni l’anno in cui la fiera è sottodimensionata rispetto alle esigenze. Nella città ci sono alternative valide, aree disponibili consistenti, per fronteggiare le emergenze. Occorre solo dedicare più tempo e maggiore disponibilità da parte degli organismi preposti all’organizzazione dell’evento per dare corpo a queste soluzioni alternative.
Invece, in occasione di Mecspe sembra che tutto sia stato organizzato con il chiaro obiettivo di dimostrare l’insufficienza delle infrastrutture esistenti. Spingere sul pedale dell’impellenza degli ampiamenti dell’area di parcheggio della fiera e dell’adeguamento della viabilità, anche se il problema si pone solo per una manciata di giorni all’anno. Certe volte, la disorganizzazione diventa un espediente per convincere la cittadinanza che occorre mettere mano al portafoglio sotto il ricatto di perdere la fiera. Si cerca così di spingere a nuovi investimenti a carico dei cittadini per favorire gli affari privati degli azionisti di fiere di Parma. Fiere di Parma ha organizzato manifestazioni fieristiche molto più impegnative di Mecspe. Cibus 2018, ad esempio, comprendeva 3.100 aziende presenti e ben 82mila visitatori. Non ci sono certo stati i piagnistei e le crisi viarie avute durante Mecspe.
Qualche tempo fa per una partita amatoriale allo stadio Tardini, dove hanno assistito poco più di 300 spettatori, il blocco di tutti gli accessi alla zona stadio ha provocato le consuete lamentele dei residenti, impossibilitati a raggiungere le proprie abitazioni. Questo ha spinto qualche commentatore particolarmente “illuminato” a sostenere l’urgenza di costruire un nuovo stadio! A volte, l’organizzazione deficitaria di un evento può nascondere un secondo fine. Giustificare spese. Avvenne anche per la costruzione del Ponte Nord: al primo accenno di coda in via Europa, si gridò alla necessità di fare subito il ponte. Ora lo abbiamo li, freddo, vuoto e inutilmente imponente. 20 milioni di euro gentilmente donati dalla cittadinanza all’impresa Pizzarotti per avere in dotazione un abuso edilizio inutilizzabile, un monumento allo spreco e alle spese folli dei megalomani della politica.