da Potere al popolo
L’arresto di Domenico Lucano, sindaco di Riace, e l’approvazione del Decreto Salvini descrivono un paradosso tutto italiano che da anni accompagna la storia di questo paese. In Italia, un partito al governo come la Lega può tranquillamente restituire 49 milioni di euro di fondi pubblici rubati in ottant’anni di comode rate. Invece a Riace, un paesino della Calabria martoriata da corruzione e malaffare, viene arrestato il sindaco per aver aiutato alcune persone ad ottenere un permesso di soggiorno. Anche se il vero reato di Lucano è aver ridato vita a un piccolo borgo proprio grazie ai percorsi di accoglienza intrapresi. E questo Salvini evita di dirlo.
Ma non basta. Con l’approvazione del decreto Salvini il governo vuole limitare il diritto d’asilo e smantellare il sistema pubblico di accoglienza dei migranti, causando così un accrescimento dei contenziosi giudiziari, un aumento della presenza di irregolari sul territorio italiano e un’estensione della rete dei centri di
accoglienza straordinaria (Cas), il sistema emergenziale che negli ultimi anni è stato bacino di corruzione e speculazione.
Saranno queste le conseguenze del decreto approvato dal Governo che mira a stravolgere il diritto d’asilo in Italia, abrogando di fatto il riconoscimento umanitario e restringendo il sistema degli Sprar (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati). Gli abusi messi in luce dalle ispezioni del 2017 hanno portato alla chiusura di 34 CAS e 900 mila euro di penali. Analizzando i profili degli arrestati si evidenza una certa collusione con la maggior parte dei partiti politici presenti in parlamento e, guarda caso, molto vicini alla destra e alla criminalità organizzata, dalla Lega fino a Forza Nuova e Casa Pound. Vi ricordate Mafia Capitale?
A differenza di quel che vuole trasmettere la perenne campagna elettorale di Salvini e Di Maio, ad intascare i famosi 35 euro per richiedente asilo (sfruttando sistema e migranti, prime vittime del disegno criminale) sono esponenti di organizzazioni politiche e criminose. L’obiettivo è colpire al cuore l’accoglienza che funziona bene, coprendo le mele marce e smantellando quel sistema di protezione che, in linea con la Costituzione italiana, garantiva diritti a chi scappa da guerre o soprusi. Il tutto per un mero scopo elettorale, senza considerare che queste scelte porteranno gravi ripercussioni non solo sui richiedenti asilo, ma anche sulle comunità sociali dove viviamo.
Il sistema proposto dal nuovo governo, quindi, non è privo di conseguenze per le persone, dai richiedenti asilo e beneficiari di protezione alle operatrici e operatori dell’accoglienza che lavorano in quelle strutture.
Per i primi saranno condizioni diffuse ed esasperate, la frustrazione, l’isolamento, la paura, per non parlare delle patologie fisiche e psichiche, o dell’esposizione allo sfruttamento lavorativo, oltre alla scarsa conoscenza della lingua e della società. Per i secondi, soprattutto a seguito della Legge Minniti-Orlando, sono state introdotte funzioni di controllo ancora più dure di quelle vigenti in passato, che hanno messo ulteriormente in discussione le possibilità di costruire relazioni positive con le persone accolte. Ciò che muove il sistema di accoglienza in Italia non è la necessità di riconsegnare al migrante un’autonomia tale per cui possa accedere senza problemi al sistema sanitario nazionale, all’istruzione e al riconoscimento dei titoli di studio e lavorativi. Al contrario, si tratta di un bisogno istituzionale di ordine e decoro, atto a ricollocare i migranti, non importa dove, trasformando le persone in numeri, senza una storia o un futuro a cui aspirare.
Organizzare meglio l’accoglienza, invece, si può e si deve. Sono tante le esperienze virtuose in Italia, da quella di Riace al modello di accoglienza integrata e diffusa dello Sprar a Parma. È necessario però uscire
dalla logica emergenzialista dei Cas, superando i meccanismi privatistici dell’accoglienza. Per ottenere questo risultato è fondamentale investire complessivamente sul sistema pubblico, a partire dall’introduzione strutturale di mediatori culturali nel sistema, dalla garanzia del buon funzionamento dei Centri per l’istruzione degli adulti, dall’accesso indipendente, senza tutori, alle strutture sanitarie e dalla diffusione del sistema Sprar nei comuni. Senza dimenticare la sperimentazione di forme di accoglienza sociale e ripensando, a un livello più strutturale, le politiche pubbliche per la casa, ormai azzerate nel contesto nazionale da circa 30 anni. La ristrutturazione di un nuovo sistema di accoglienza richiede non solo un cambiamento delle politiche dominanti, piegate ai vincoli dell’austerità neoliberale, ma anche una rottura con i discorsi allarmistici e razzisti sulle migrazioni o con l’ideologia della sicurezza fisica che trascura quella sociale.
Ma bisogna chiudere anche con le retoriche pietistiche sul Terzo Mondo, che cancellano la questione della guerra e dei più complessi rapporti di forza attivi a livello globale, e che contribuiscono a condannare a un destino ineluttabile di povertà le persone che da quei paesi arrivano. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è una misura minima contro l’apartheid che si sta consolidando in Italia e in Europa, già al centro, tra l’altro, delle mobilitazioni di una parte della popolazione migrante nel continente.