Capitalismo precario

di Francesco Antuofermo

Banksy, murales a Coney Island Avenue, 2028.

Centocinquant’anni fa, esattamente il 5 maggio 1875, Marx affrontando il programma del congresso del partito socialdemocratico tedesco a Gotha, una piccola città della Turingia in Germania, scrive una serie di note di biasimo che diventeranno un opuscolo dal titolo Critica al programma di Gotha. Il testo aldilà dell’utilizzo nella lotta politica immediata, divenne col tempo una sorta di bozza. Un manifesto su alcuni punti centrali di un eventuale nuovo sistema sociale fondato sulle ceneri del capitalismo e delle sue regole di funzionamento.

La società comunista che sorgerà, diceva Marx, potrà “scrivere sulle sue bandiere: Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni!”

Ma ben prima di affrontare la critica al programma di Gotha e il sogno della società futura, Marx aveva già provveduto a sottoporre l’intero impianto teorico del modo di produzione capitalistico ad una profonda e dettagliata frantumazione, ricavandone la definizione di categorie economiche completamente nuove per l’epoca. Ciò ha permesso la comprensione dei meccanismi di funzionamento del capitale e la logica delle criticità che dovrebbero portare al suo superamento.

Il testo quindi, parte dal presupposto che il capitalismo come modo di produzione, sia un sistema di passaggio alla stessa stregua degli altri modi di produzione susseguitisi in passato. Una analisi che per alcuni può risultare sconvolgente: nulla diventa più terribile per gli intellettuali di oggi, fedeli servitori dell’economia attuale, di rassegnarsi all’idea della ineluttabilità della transitorietà del sistema che garantisce i loro privilegi. Nel proscritto alla seconda edizione de Il Capitale Marx spiega bene questa sensazione:

L’economia politica, in quanto è borghese, cioè in quanto concepisce l’ordinamento capitalistico, invece che come grado di svolgimento storicamente transitorio, addirittura all’inverso, come forma assoluta e definitiva della produzione sociale, può rimanere scienza soltanto finché la lotta delle classi rimane latente o si manifesta soltanto in fenomeni isolati”.

Viviamo in un’epoca storica particolare. La minaccia di un conflitto mondiale nella culla del modo di produzione capitalistico, ossia nella vecchia Europa, è sempre più tangibile. L’intero continente è sottoposto ad un rischio nucleare terribile che spinge a pensare che i grandi gruppi di interesse dell’economia e della finanza abbiano deciso – per la loro stessa sopravvivenza e bramosia – che si debba accelerare la distruzione dell’intera struttura economica. Il nuovo ciclo di espansione dovrà ripartire sulle rovine dell’apparato produttivo del concorrente di turno. Ma così facendo il sistema si rende precario e l’idea di Marx della transitorietà del modo di produzione vigente espressa 150 anni fa torna dirompente. Quello che si propone con il corso della LUSC “Dalla terra al cielo”. Introduzione al pensiero di Karl Marx ‒ che inizierà mercoledì 15 gennaio prossimo (info: lusc.csm@gmail.com) ‒ è la rilettura delle categorie principali dell’impianto economico e filosofico di Marx – molto criticate ma in realtà ancora tanto sconosciute – con la curiosità di capire se esse possano ancora oggi, ritenersi valide e capaci di svolgere come in passato, il ruolo di chiave di lettura delle contraddizioni attuali della nostra società.

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