dai manifestanti davanti alla sede Iren di Parma
Oggi siamo qui, perché dentro queste mura si sta tenendo l’assemblea degli azionisti di Iren. Qui dentro ci sono i volti di chi in piena crisi idrica specula su un bene essenziale come l’acqua e che da mesi guadagna sulla pelle di tutti i cittadini, spesso truffati o che non sanno come pagare le bollette.
Quello della scarsità idrica è solo uno degli effetti della crisi climatica, crisi di cui Iren si rende responsabile per l’utilizzo di fonti fossili come il gas come approvvigionamento energetico.
Il tema della siccità è ormai entrato nella nostra quotidianità, perché lo viviamo sulla nostra pelle e ne vediamo gli effetti mortiferi sull’ambiente. Le soluzione che propongono le istituzione, dal governo a Iren, sono palliativi volti a perseguire il profitto a discapito della popolazione. Lo vediamo con il razionamento di acqua nei comuni limitrofi di Parma, razionamento che non ha minimamente coinvolto le industrie dell’Emilia Romagna che invece continuano a sperperare acqua, che non ha coinvolto le grandi aziende agroalimentari. E lo vediamo con l’accordo stipulato tra Iren e l’azienda israeliana Mekorot, accordo attraverso cui Iren si rende complice dell’apartheid in Palestina. Parliamo di un accordo con una azienda colonialista, che ha il chiaro intento di privatizzare ulteriormente la gestione dell’acqua, utilizzando tecnologie altamente energivore ed ecocide come quella della desalinizzazione dell’acqua.
La crisi idrica è un problema strutturale, che va risolto dalla radice, partendo dalla redistribuzione degli extraprofitti, che al 2022 ammontavano a 226 milioni di euro. Sono soldi che devono essere sfruttati per il calmieramento del carobollette, che devono essere usati anche per la ristrutturazione della rete idrica che attualmente provoca una perdita del 38% di acqua potabile e che invece vorrebbero risolvere mediante finanziamenti pubblici provenienti dal Pnrr.
La crisi climatica non può essere pagata dalla fasce più fragili della popolazione, non possono essere i cittadini ad affrontare l’aumento delle bollette, così come non si può risparmiare sui salari dei lavoratori Iren, sfruttati mediante le solite dinamiche di appalti e subappalti.
La sfida contro la crisi climatica deve passare attraverso un nuovo modello di gestione pubblica, partecipativa e ambientalmente ecosostenibile.
Per una transizione ecologica giusta.
Per un’economia slegata dal “profitto a tutti i costi”.
Per un diverso modello energetico, fondato sull’autoproduzione e il rispetto dei limiti fisici e biologici dell’ambiente che abitiamo.
Contro il colonialismo esterno e interno.
Contro l’accaparramento delle risorse necessarie alla sopravvivenza su un pianeta ormai stremato.
Liberiamoci di Iren!