di Marco Severo
(Un prequel a Ricomincio da capo)
Là nella strada dal nome un po’ sulfureo ma dall’aspetto a modo modino, nel centro della civile Parma, l’uomo dalla grande pipa è molto spazientito. Lo si capisce da come mordicchia il bocchino. Lo spinge con scarsa ortodossia pipesca negli angoli della bocca, ne schiaccia l’estremità con i molari, piccole e frequenti nervosissime pressioni. Si sente lo scricchiolio. Il board riunito in cerchio al tavolone è in grave apprensione, i volti sono tirati. Chi si guarda le unghie, chi disegna i cerchietti, chi legge Parma Repubblica.
Se la telefonata va avanti così non resterà granché della pipa, la preferita dell’uomo, legno sceltissimo di Ginkgo Biloba, l’originale di piazzale Dalla Chiesa anno 2010.
- Senta scusi sa, io voglio sapere dove si trova ora il pacco, abbia pazienza
- È sicuro di aver inserito il codice cliente, gentile signore?
- 097…
- No gentile signore, quello è il codice di spedizione
Silenzio. L’uomo-pipa sta per deflagrare. Rosso in volto ora balbetta:
- La signorina dall’Albania mi ha appena detto…
- Ah ma lei è quello di prima?
- Sì quello di prima, il pacco grosso…
- Ah ma allora deve chiamare le Poste, gentile signore
- Alle Poste mettono la musichetta
- Eh perché oggi è sabato, si vede.
A nulla è valso affiggere il cartello “Lasciare il pacco al vicino”. Il corriere ha suonato due volte poi ha attaccato l’avviso di giacenza. “Prossima consegna lunedì 13, al pomeriggio, gentile signore”. Un paio di membri del board, dinamici dal glamour indie con la giacchetta di lino, se la ridono sorbendo delicatamente succo di mela cotogna bio. Stronzi fino alla fine quelli della green economy! Hanno già “il cavallo”, come lo chiamano, e non nascondono il compiacimento per la mancata consegna del candidato altrui. Se il pacco non arriva è capace che al ballottaggio vadano proprio loro, con la faccenda della transizione e dei monopattini elettrici.
Per la prima volta, a Palazzo, la maggioranza cemento-tortellesca appare in effetti fuori dai giochi. Con il candidato fermo in giacenza (deposito di Agrate Brianza, segnala il tracciamento) il vecchio correntone deve pensare a un’alternativa d’impatto – un pezzo di torta fritta in omaggio col giornale, per dire, o la sempre vagheggiata kermesse “Meli Lupi sfida le baby gang” – altrimenti dovrà dire addio agli aerei cargo e anche all’alta velocità.
Fin dal principio nessuno dei “cavalli” in gara aveva convinto la maggioranza del Palazzo, a più riprese riunita attorno al tavolone. Non uno dei candidati che avesse mostrato interesse per l’ipotesi di mediazione, l’allungamento della pista cargo fino a Reggio ad esempio. Poteva andare bene, che diavolo! Invece niente. Tutti ad alzare la mano contro l’allungamento.
Come se ciò non bastasse era entrata in funzione la macchina del fango. Dopo una martellante campagna di dossieraggio erano emersi fatti incresciosi. Uno dei nomi appetibili, si era saputo, faceva le seratine di addio al nubilato, si spalmava di olio di semi poi si lanciava su un carrello pieno di ortaggi e soufflé vegani nel giubilo tribale delle convenute. (Inutile la smentita su Tik Tok del candidato). Un secondo nome in lizza aveva sbagliato link e, a un seminario sul neorealismo, invece di un brano di Pietro Germi aveva mostrato la scena di Flash Gordon in cui una spregiudicata Ornella Muti cavalca Gordon medesimo. (Un dem in ultima fila aveva applaudito). Poi c’era un candidato interessante, pulito, mai un’alleanza sbagliata, anzi mai un’alleanza proprio. Aveva imparato ad alzare la mano per votare “no” ai cargo controllando bene il braccio, tranquillo, morbido. Solo che poi aveva esagerato, si era comprato i sandali Birkenstock ed era scappato con una tizia di Potere al Popolo sulle note di Vinicio Capossela.
Sicché di slancio, certo scontando un approccio ancora naif alla società liquida, la maggioranza di Palazzo aveva deliberato l’acquisto online. “Ci ho l’abbonamento Prime!” aveva esclamato il rappresentante della filiera del pomodoro, “ci mandano il candidato già domani pomeriggio colleghi!”. Ne era seguita un’interminabile ovazione. Avevano scelto uno bravo, versatile e smart, accomodante con gli stakeholder, l’Alberto Angela della marchetta. Senza perdere un secondo di più, l’uomo dalla grande pipa aveva mandato un vocale alla copisteria di fiducia. Il capo della copisteria era partito testa bassa producendosi, dopo lunga cernita, in uno dei migliori titoli di sempre: “Vota Mastrota!”.
Sembrava fatta, la supremazia sulla green economy ristabilita. Poco fa però “Grande pipa” ha notato quell’avviso di giacenza, giù in portineria, ed eccoci qua. Con Mastrota bloccato fino a lunedì 13 e forse perso per sempre in Brianza, siamo punto e a capo, le Comunali in mano agli stronzi del succo di mela cotogna. “Gentile signore, è ancora in linea? Signore? Signore!”.
Ma ecco che un tramestio in corridoio fa sussultare tutti: uno spostamento d’aria poi la porta che si spalanca. Il capo della filiera del culatello, sudato da fare schifo ma festante, irrompe riversando una ventata calda e umida nel gelo sintetico della stanza. A gesti prima che a parole questi annuncia che è fatta, tranquilli. Ha lui la soluzione. Hanno trovato un tale – non si capisce bene chi lo abbia trovato – che è perfetto. Uguale identico. Mister culatello si ricompone, accende il proiettore e martella sulla tastiera finché sul monitor non compare lui, l’indimenticato, il bomber, la Cuccarini dei sindaci: signore e signori, riecco a voi Pietro Vignavil.
Dal tavolone si leva un gridolino unanime di sorpresa e libidine. Il boss dei culatelli tuttavia sta già spiegando che non è come sembra. Calma. Quello sullo schermo non è il vero Vignavil, le cui ultime segnalazioni lo davano a Monchio D.C. come volontario del Parco dei Cento Laghi, impegnato a piazzare fototrappole per Repubblica.
Quello sullo schermo è uno che gli somiglia tantissimo. Si chiama Luciano, è di Falconara. Faceva il navigator ma adesso vive di sussidi, è disposto a tutto, possiede le soft skill richieste dall’Europa più l’inglese B2. È contento di essere stato scelto, sostiene che Parma sia sempre piaciuta a sua mamma perché è così signorile. In viale Europa, d’accordo, davanti al ponte Nord il primo smacco alla memoria della mamma: “Che è ‘sta merda?!”. Però gli accompagnatori lo hanno ben redarguito: “Zitto cretino! Questo l’hai fatto tu!”. Lo hanno rivestito, gli hanno calcato un elmetto giallo in testa e detto “adesso sei Pietro Vignavil, quello che costruisce ponti e piazza le telecamere, dice ‘già fatto’ con le labbra a cuoricino e fa dormire tranquille le vecchie, capito?”. Capito. Gli hanno affiancato Giovanni Paolo Bernini, quello vero, ora disponibile in classe A+++.
Alla copisteria di fiducia sanno già tutto. Il capo amanuense ha serrato i ranghi, cinque galoppini fissi su Vignavil Reloaded e due sul Cary Grant di Forza Italia. In omaggio con la fanzine di Palazzo, poi, 15 Punti Fragola a copia più il nuovo gioco pramzan “Allunga la pista”: prima uscita, il kit completo con vero calcestruzzo in confezione 70% riciclabile. Il capo amanuense, bravo quasi come Gianni Brera e Gianni Mura e Gianni Clerici messi insieme, brillante dal retrogusto muschiato, ha detto che l’aeroporto serve anche se Tirana non è lontana (è fissato con le rime).
Il driver delle eccellenze del territorio non tollera che Bologna detti la linea, qualunque cosa voglia dire. Perché anche Maria Luigia, nel suo piccolo, s’incazzava.
E poi i ponti, certo. I ponti e non i muri ci vogliono al giorno d’oggi. Che siccome lo sventramento dell’Oltretorrente già l’hanno fatto; lo sbancamento di via Trento pure benché sia venuta una ciofeca (i reggiani ancora ci cantano “Parma scavava noi Calatrava”); per lo stadio nuovo c’è la gallina dalle uova d’oro, ecco, appunto, non resta che costruire ponti, un ponte a est e un ponte a ovest.
Luciano da Falconara l’hanno già chiuso in redazione a leggere con la “cura Ludovico”. Ci aspettiamo grandi cose da lui. Forza Parma, viva l’Italia (tranne Bologna)! Standing ovation del board e di Grande pipa, che subito propone di andare tutti da Luciano per conoscerlo. A seguire, tabacco e bocchini per tutti!
Ma Luciano ahinoi non si trova. Grande spavento nella via a modo modino e dal nome sulfureo, salvo tirare un gran sospiro quando grazie al cielo il Vignavil 3.0 viene infine avvistato. Era poco distante, sul ponte omonimo, e guardava di sotto. Sta bene, tutto a posto, solo un caso. Però per scrupolo hanno chiamato Bosi (minuto 1,30). Da Meli Lupi, intanto, si è liberato un campo per un’oretta di padel.