da Art Lab
In un recente articolo su Jacobin Italia, si punta l’obiettivo sulla depoliticizzazione del termine “green new deal”. L’espressione è stata coniata poco tempo fa dalla giovane deputata americana Alexandria Ocasio-Cortez e indica una proposta di soluzione per il problema ambientale attraverso un cambiamento drastico del sistema di produzione, quindi tramite il capovolgimento radicale dei rapporti economici e sociali. Invece, nell’eurozona e in Italia, è stato velocemente rideclinato con lo scopo di far ripartire un’economia stagnante con investimenti in innovative tecnologie “green”. E questo è vero nel nostro paese così come nella piccola Parma.
Come ormai succede ogni anno, anche nel 2019 ci siamo riscoperti abitanti dell’area più inquinata d’Europa: la pianura Padana. Altrettanto recentemente, il sindaco Federico Pizzarotti ha ufficialmente lanciato il green new deal nostrano, cioè la candidatura di Parma a capitale Green 2022, anche attraverso un video di pochi giorni fa. Il video inizia proprio dalla constatazione della pessima situazione ambientale del nostro territorio, per poi spostarsi sulle risposte che cittadini e amministrazione stanno dando al cambiamento climatico. In queste risposte c’è però un vuoto, che sta assumendo le dimensioni di un abisso. Cosa ne sarà delle grandi opere, cosa ne sarà dell’aeroporto Verdi di Parma?
Il tema è ritornato al centro del dibattito pubblico nei giorni scorsi, quando gli industriali di Parma con l’Upi (unione parmense degli industriali, a.k.a. i soliti noti) ne hanno annunciato l’acquisto delle quote di maggioranza (60%). Il Verdi continuerà a essere un buco nero, come è sempre stato, per le finanze e una fonte molto problematica di inquinamento. Infatti, già si parla di riconversione in hub della logistica, destinando l’aeroporto a voli cargo (in parte, nella totalità? Anche di questo non ci è dato sapere quasi nulla) e aumentando così l’inquinamento sia a causa del traffico aereo, che già da solo presenta un impatto notevole, sia di quello su gomma che, di conseguenza, crescerà in relazione all’incremento dei voli.
Insomma, a rigor di logica, per Pizzarotti sembrerebbe arrivata l’ora di una dichiarazione coerentemente in linea con la candidatura a capitale green, una dichiarazione di rottura con l’oligarchia cittadina, che dica basta a questa inutile e inquinante opera pubblica, nella quale è coinvolto anche Comune, Provincia e Camera di Commercio con una quota del 10%. Sappiamo invece che al sindaco tremeranno ancora una volta le gambe e, al posto di un green new deal, vedremo il solito green washing patinato, che strizza l’occhio ai veri capetti di questa città.