di William Gambetta

Quest’estate la “Gazzetta di Parma” ha pubblicato una lunga intervista, curata da Paola Guatelli, a Edgardo Bonazzi, l’omicida di Mario Lupo[1]. Il titolo racconta già l’essenza di queste due paginone: “Ho ucciso Mariano Lupo, ma non doveva succedere”. Sostanzialmente l’ormai anziano Bonazzi, che per questo e altri reati ha passato in carcere numerosi anni, ribadisce la tesi della morte di Lupo come «disgrazia, qualcosa che non doveva accadere».
Una tesi già avanzata all’epoca da lui e dai suoi avvocati nei due processi che si svolsero ad Ancona tra l’estate del 1975 e quella del 1976 e alla quale non credette né il Tribunale d’appello ‒ che condannò per «omicidio volontario» Bonazzi a 14 anni e 8 mesi di reclusione, Andrea Ringozzi a 9 anni e 4 mesi, e Luigi Saporito a 6 anni e 3 mesi ‒ né la Corte di cassazione che quella sentenza confermò. Secondo la Corte d’appello, infatti, non potevano esservi dubbi «sul fatto che i giovani missini, quella sera, avevano in animo di fare qualcosa, e si erano preparati in tal senso»[2].
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