Partigiani jugoslavi nel carcere di San Francesco a Parma 1942-1943

di Andrea Giuseppini*

Ringraziando l’autore e la redazione pubblichiamo un articolo uscito su “Pace”, il periodico del Comitato di lotta antifascista e antimperialista per la memoria storica [ndr].

Durante la seconda guerra mondiale a Parma nella chiesa di San Francesco al Prato, trasformata in carcere già dagli inizi del 1800, furono detenuti per periodi più o meno lunghi oltre 800 civili jugoslavi in totale (per quanto ricostruito dai registri del carcere). Si trattava di prigionieri politici arrestati nei territori annessi o occupati dall’Italia fascista in seguito all’aggressione della Jugoslavia da essa intrapresa nell’aprile 1941 e condannati dai tribunali militari di guerra per “abusiva detenzione di armi”, “atti di sabotaggio”, “atti contro l’esercito”, ecc. Erano cioè dei partigiani che combattevano contro un esercito occupante. Non sappiamo con precisione quanti furono i civili jugoslavi detenuti in tutta l’Italia tra la fine del 1941 e il 1944. Ma gli oltre 800 partigiani jugoslavi rinchiusi a Parma fanno sicuramente del carcere di San Francesco il luogo di detenzione più numeroso in Italia.

I primi deportati politici ad arrivare a Parma, il 22 febbraio 1942, furono 23 montenegrini condannati dal Tribunale militare di guerra con sede a Cettigne (Cetinje). Ai montenegrini seguirono il mese successivo 13 persone condannate dal Tribunale speciale per la Dalmazia. Ad aprile fu la volta di 17 civili sloveni e croati processati dal Tribunale militare di Lubiana. Alla data dell’8 settembre 1943 i detenuti erano saliti a 524, compresi 36 cittadini greci condannati dal Tribunale militare di guerra dell’XI Armata. Neppure l’occupazione tedesca dall’indomani dell’8 settembre e la creazione della Repubblica Sociale Italiana posero fine all’afflusso di detenuti. Il 26 settembre, ad esempio, giunsero dal carcere di Capodistria altri 47 jugoslavi. Alla fine di settembre sono quindi presenti a Parma, nella “catalogazione” della direzione del carcere, 67 detenuti montenegrini, 79 croati, 168 dalmati, 36 greci, 217 sloveni e croati del Litorale, oltre a 4 persone di cui non è specificata la provenienza.
Le condizioni di vita dei detenuti nel carcere di Parma erano molto pesanti soprattutto a causa dello scarso vitto e del sovraffollamento. I morti furono 12, di cui la metà per tubercolosi polmonare. Un’epidemia che portò anche al trasferimento presso il sanatorio carcerario di Pianosa dell’Arcipelago Toscano di almeno una decina di detenuti.
Non è ancora del tutto chiara la dinamica degli avvenimenti che coinvolsero i detenuti politici jugoslavi nel carcere di Parma dopo l’occupazione tedesca dell’Italia. Tra l’11 novembre e il 19 dicembre 1943, su ordine del comando militare tedesco di Parma, vengono liberati circa 50 detenuti, quasi tutti sloveni, perché siano trasferiti a Lubiana. Nello stesso periodo il direttore del carcere informa il capo della Provincia di Parma che il Comando militare tedesco ha chiesto un elenco dei detenuti di nazionalità straniera e annunciato una prossima visita di una commissione di ufficiali tedeschi con il compito di “sottoporre a visita medica i condannati di oltre confine”. Il 23 dicembre 1943, sulla rubrica del carcere di Parma, accanto al nominativo di 325 detenuti “slavi” viene annotata a penna la frase “Liberato su ordine del comando germanico di Parma e trasferito in Germania per lavoro”. I rimanenti 170 jugoslavi furono invece rimpatriati – sempre su ordine tedesco – il 15 gennaio 1944. La deportazione in Germania dei 325 partigiani jugoslavi non fu diretta verso i campi di concentramento o di stermino bensì verso i campi di lavoro, in particolare nella zona della Ruhr dove altre migliaia di prigionieri provenienti da tutta Europa erano costretti al lavoro negli stabilimenti delle grandi fabbriche come le acciaierie Krupp di Essen o, nella vicina Mülheim, presso gli stabilimenti di Friedrich Wilhelms del gruppo Thyssen.
Questo e molto altro ancora raccontano i documenti inediti che abbiamo rintracciato qualche anno fa presso la nuova sede del carcere di Parma in via Burla.
Documenti che testimoniano anche il passaggio nelle celle di San Francesco di centinaia di civili arrestati dopo l’8 settembre 1943. Tra loro anche 39 ebrei, donne e uomini, italiani e stranieri, arrestati e detenuti nel carcere prima di essere trasferiti a Fossoli o in altri campi verso la deportazione. Di questi Enrico Fano di Soragna, Angelica Sinigaglia di Lugo e Fortunata Morpurgo di Venezia moriranno invece nel carcere di Parma nei primi mesi del 1945.

* Curatore del sito www.campifascisti.it