A 40 anni dal massacro del Circeo

di Elisabetta Salvini

Si erano dati appuntamento per il tardo pomeriggio. Doveva essere una festa al mare, si è trasformato in uno dei massacri più efferati di sempre. Rosaria Lopez, dopo essere stata ripetutamente stuprata e aver subito sevizie, torture e violenze di ogni genere viene annegata in una vasca da bagno. Donatella Colasanti riceve lo stesso trattamento, ma riesce a salvarsi la vita solo fingendosi morta.

La cronaca lo ha raccontato come il massacro del Circeo. Quello in cui tre ragazzi della Roma-bene, ricchi, annoiati, deviati, fascisti, violenti e sessisti “convinti di essere la ‘crema’ della società, dinnanzi al ‘no’ di due ‘sbarbine facili’ che ‘facili’ non erano non trovano di meglio che ricorrere alla violenza cieca, bestiale” (da Paese Sera, 02.10.1975). E soprattutto quello in cui due ragazze della borgata, povere ma che sognano “la carriera di fotomodelle, attratte dai miraggi dei facili guadagni e della vita brillante”, desiderose di cambiare vita, spregiudicate e sprovvedute se la sono “andate a cercare”.

Tre amici sequestrano e stuprano due giovani donne, per poi ucciderle. O meglio, una la uccideranno con inaudita violenza, mentre all’altra verranno riconosciuti 30 giorni di prognosi (trenta giorni! Qualcuno ricorda i 45 giorni di una prognosi a noi assai più vicina?). Ma la stampa sceglie di riportare un altro racconto, da un altro punto di vista. Si fruga nelle vite di Rosaria e Donatella e l’attenzione si punta sul loro avere “imboccato la strada sbagliata”. Sul loro essersi riempite la testa di sogni, fantasticando su un mondo che mai avrebbe potuto essere loro, ma alle quali loro ambivano con bramosia. Gli amici e i parenti di Rosaria condannano il suo stile di vita: “Lo sapevamo: prima o poi doveva accadere” – “Era una brava ragazza – dicono parenti e amici della ragazza uccisa – ma da qualche tempo era cambiata”. (Paese Sera, 02.10.75)

E lo stesso accade anche a Donatella. La stampa scava anche nella sua vita e mette in luce le sue fragilità: “Cercava in questo modo di uscire da un periodo di depressione che un anno fa l’aveva portata a tentare il suicidio. Forse sperava di trovare in quel giro un altro principe azzurro, dopo che il primo grande amore l’aveva lasciata e allora tentò di morire…”.

Cercavano il principe azzurro, Rosaria e Donatella, ma sono incappate nell’orco, nei mostri. Capita nelle favole e “a certe ragazze” capita purtroppo anche nella vita reale. Da allora sono passati più di quaranta anni, ma le parole sembrano essersi cristallizzate. Gli uomini restano i mostri in preda a raptus, deresponsabilizzati nel loro agire. E le donne restano le vittime, sì. Ma pur sempre colpevoli di “essersela cercata”.