Violenza contro le donne: siamo sicuri che non ci riguardi?

di Elisabetta Salvini

La violenza c’è anche quando non la si racconta. C’è anche quando non la si vede, non la si immagina. C’è e ci riguarda anche quando pensiamo che non abbia niente a che fare con noi. Anche quando ci sembra così lontana da lasciarci indifferenti. La violenza c’è anche se non si ha il coraggio o la forza di denunciarla.

Perché è ancora tanto, troppo difficile denunciare, uscire allo scoperto. Mostrare le ferite aperte di un trauma che resterà addosso per sempre, di un’umiliazione che niente potrà cancellare. È ancora tanto, troppo difficile raccontare un orrore così grande sapendo che molti, al contrario, lo giudicheranno come qualcosa che tu hai provocato, come una colpa che è prima di tutto tua. E allora quella violenza c’è, ma la si tace e si trasforma in un silenzio forzato, obbligato. Si cerca di nasconderla, di ricacciarla indietro, di far finta di niente, nella speranza che tutto possa ritornare come prima. Come prima di quella notte maledetta che sembrava non avere più fine e che non finirà mai veramente.

La violenza di uno stupro «non è solo per il dolore fisico che senti in tutto il corpo – diceva Franca Rame nel suo straordinario monologo Lo stupro – ma per lo schifoper l’umiliazione… per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello… per lo sperma che mi sento uscire». È una violenza così intima che non sai e non puoi raccontare. È l’indicibile, l’ineffabile. Per poterne parlare servirebbe l’ascolto giusto di una persona di cui ti fidi e a cui ti affidi, ma non è quasi mai così…

«Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido… Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò domani». Finiva così il monologo di Franca Rame, senza una denuncia, senza giustizia alcuna. Ma eravamo nel 1975, da allora sono passati più di quaranta anni e tante cose sono cambiate o forse sarebbe meglio dire che dovrebbero essere cambiate, ma non lo sono veramente, nella realtà dei fatti.

Perché non possiamo fare finta di niente, li abbiamo sentiti tutte e tutti almeno una volta i commenti che seguono ad uno stupro. Quei ripetuti e ostentati insegnamenti di quanti e quante sostengono con distacco e arroganza: “Eh, ma anche lei, come era vestita?”, “Sì però lei se l’è cercata”, o ancora “Ma cosa ci faceva lei da sola a quell’ora di notte?”.

Commenti come questi rimbombano e risuonano ogni volta che accade una violenza contro una donna e nella nostra città li abbiamo ascoltati e letti anche dopo il così detto “caso Pesci”. Quella ragazza ventunenne che è andata con un uomo tanto ricco e che ha il doppio della sua età. Quella ragazza che è stata fatta a pezzi dai suoi aguzzini prima e dall’opinione pubblica poi. Tutti a chiedersi cosa cercava lei in uno così più vecchio e nessuno a domandarsi il perché il contrario sia considerato così ovvio, così normale… Tutti a dire con saccenza: “Lei si è fatta pagare”, “Lei era consenziente”…

Parole che pesano come è più di un macigno. Parole che sono già una sentenza, costruita sul nulla dei pregiudizi e degli stereotipi. Ecco perché la violenza riguarda tutte e tutti noi, perché c’è bisogno di fermarci e chiederci quali possono essere le parole capaci di spezzare il pregiudizio? Quali siano le parole che dobbiamo sentire per poter riconoscere la violenza?

Ed ecco perché il Comitato no Pillon-L’otto anche domani ‒ il gruppo di donne che è sceso in piazza l’8 marzo ‒ ha pensato di organizzare per oggi, martedì 11 giugno, a partire dalle ore 21, una serata sul tema della violenza contro le donne. Il luogo scelto non è affatto casuale, ma fortemente voluto. Saremo al Centro giovani Federale, nel quartiere San Lazzaro, teatro di uno dei più recenti e noti episodi di violenza nella nostra città.

Partendo dalla proiezione di un film e successivamente di un cortometraggio si cercheranno insieme le parole per uscire da quel silenzio dell’indicibile che di per sé è già violenza. Il film sarà L’amore rubato, tratta da un testo di Dacia Maraini, che – attraverso la storia di cinque donne diverse per età, estrazione sociale, stili e scelte di vita – racconta le tante sfaccettature che la violenza di genere può assumere. Sfaccettature, però, riconducibili a un’unica matrice comune che è quella di una società che continua ad avere retaggi patriarcali e maschilisti contro cui dovremmo combattere tutte e tutti. Una società in cui il possesso e il controllo sulle donne viene ancora erroneamente scambiato e chiamato “amore”. Il corto si intitola Piccole cose di valore non quantificabile, ed è un piccolo gioiello che in pochi minuti sa aprire spazio a moltissime riflessioni circa il senso intimo della violenza soprattutto in relazione al modo in cui questa società la percepisce, la giudica, la definisce, la nomina, la racconta. Due video molto diversi tra loro ma che ci riconducono entrambi all’urgenza di alzare il livello delle riflessioni sulla violenza, per ripulire le nostre parole dai pregiudizi e per cercare insieme di porci in un atteggiamento di ascolto vero, reale, empatico.

Il senso della serata sarà quello di invitare le persone a ragionare sugli stereotipi, sul confine delicato tracciato da una parola come consenso di fronte alla liceità di violenze e sevizie. Riflettere anche sull’incapacità diffusa di capire dove sta la violenza quando coloro che la subiscono non sono in grado di raccontarla e quando coloro che la giudicano – forse senza volerlo – la stanno a loro volta già agendo. Hanno aderito alla serata: Agedo, Anpi Parma-Comitato provinciale, Associazione donne ambientaliste (Ada), Avalon, Centro antiviolenza Parma, Centro studi movimenti, Coperativa La Bula, Coro dei Malfattori, Le Cingiallegre, Associazione Famiglia più, Associazione Futura, Gruppo anarchico A. Cieri, Gruppo scuola, Festina Lente Teatro, Ideando associazione, Associazione Mani, Mindformusic (M4M), UAAR, Unione degli universitari (Udu), USI, Vagamonde, W4W, Zonafranca.